La Piccola Fiammiferaia

La Piccola Fiammiferaia

C'era una volta una bambina, una bella bambina bionda che tutti chiamavano la Piccola Fiammiferaia. Infatti, per guadagnarsi da vivere, girava tutto il giorno le vie e le piazze della sua città, offrendo in vendita ai passanti scatole di fiammiferi.

A quei tempi i fiammiferi, se non proprio una rarità, erano comunque una novità, perché il fuoco, fosse quello del camino o di chissà che, lo si accendeva sfregando l'esca sull'acciarino. Bisognava faticare un poco per ottenere la fiamma, ma di certo si risparmiava parecchio. E, sempre a quei tempi, ogni risparmio era considerato un dovere.

Molta, moltissima gente, infatti, era povera. Tanto povera da elemosinare un qualunque tipo di lavoro pur di guadagnare qualche soldo. O almeno di ricevere, in cambio del lavoro, quanto bastava a sfamarsi, a coprirsi.

Succedeva spesso che qualche disperato bussasse a una porta. "Scusate", diceva, "non avete qualche lavoretto da farmi fare? Spaccare la legna, aiutare nelle faccende domestiche, trasportare dei sacchi a spalla?".

Gli rispondevano allargando le braccia.

"Purtroppo abbiamo denaro a malapena per noi. Portate pazienza. Tornate se i tempi cambieranno, se diventeranno migliori".

Ma la fame è una brutta bestia, perciò si insisteva.

"Io non ne voglio, di soldi, in cambio del lavoro. Mi accontento di una minestra e di un pezzo di pane. Mi basterebbe un abito di quelli frusti che ormai non indossate più".

Spesso nemmeno a queste condizioni si trovava ascolto. Di conseguenza, toccava rassegnarsi a stendere la mano, a chiedere l'elemosina, fidando nel buon cuore di quei pochi che i soldi li avevano.

Anche i ragazzi venivano mandati dai genitori a cercarsi un lavoro, pur se la loro schiena era gracile e il loro fisico minuto, perché il mangiar poco o niente rende imperfetto quel che la Natura ci ha dato in forma perfetta.

La Piccola Fiammiferaia era solo una bambina. Ma una bambina orfana di papà e mamma: a prendersela con sé, a nutrirla con il poco che possedeva, ci aveva pensato la nonna.

Seppure povera, la nonna era ricca d'affetto. Così le due, agli estremi opposti della vita, si tenevano una grande compagnia. E parlavano, si parlavano. Si parlavano soprattutto con il cuore. La bambina posava il suo capo in grembo alla vecchina, che glielo accarezzava adagio adagio.

La Piccola Fiammiferaia - La nonna e la piccola fiammiferaia"Sono bellissimi i tuoi capelli... Biondi, con tanti riccioli. Lo vedi anche tu, quando ti specchi".

"Sì, nonna. Secondo te, assomiglio a un angelo? Mi hai detto tante volte che gli angeli hanno i capelli biondi. Mi piacerebbe, sai, essere un angelo...".

La nonna sorrideva, e si commuoveva: "Un angelo? Gli angeli sono buoni, sono tutta bontà. E tu buona lo sei, vuoi bene alla nonna. Già. Forse sei proprio un angelo...".

"Come dev'essere bello il mondo degli angeli, nonna. Nel loro mondo, scommetto, si gioca, si sta insieme fra tanti bambini. Magari, lassù, potrei vedere la mamma e il papà, ché non li ricordo. Ho fame, nonna".

E la vecchina, muovendosi adagio in una stanza che era tutta la loro casa, metteva davanti alla bambina, su un tavolo con una linda tovaglia, una scodella di latte e una fetta di pane. Di quel pane poi raccoglieva le briciole, se le passava nel palmo della mano e se le metteva in bocca.

"Tanto", pensava la nonna, "io sono avanti negli anni un bel po'. Ho vissuto. È lei, la mia piccola, che deve affrontare il mondo. Qualunque sacrificio per lei è, per me, ben poca cosa".

La Piccola Fiammiferaia - La piccola fiammiferaia, in ginocchio ai piedi del letto della nonna ammalataMa un brutto giorno la vecchina si ammalò e non bastò l'amore della nipote a farla guarire. Si spense, in silenzio, fra le braccia della sua creatura: come una candela a cui si sia consumata tutta la cera.

Senza la nonna, sconsolata e con il cuore che le faceva male per la tristezza (la tristezza fa tanto male!), la bambina dai biondi capelli dovette arrangiarsi per sopravvivere. E si mise a vendere delle scatole di fiammiferi, confidando di intenerire la gente, di convincerla a comprarle.

Finché fu estate, la Piccola Fiammiferaia in qualche modo riuscì a cavarsela. Le bastava qualche avanzo di cibo per nutrirsi, e un vestitino leggero andava bene per coprirsi.

La nonna le aveva parlato tante volte della Provvidenza, che pensa alle creature deboli, e anche a quelle indifese.

"Anch'io sono una creatura e sono debole e indifesa", pensava la bambina. "La Provvidenza si ricorderà di sicuro di me".

Poi venne l'autunno, e lei cominciò a rabbrividire ai primi freddi. Sopraggiunse l'inverno, e d'inverno ci vogliono abiti spessi di lana. Soprattutto, d'inverno si sta meglio al caldo, dentro una casa, e lei aveva sì una casa, però era vuota, era fredda. Tanto valeva rimanere per strada.

Non aveva nemmeno più forza per gridare: "Signori, comprate i fiammiferi", perciò si limitava a porgerli, reggendoli con le mani intirizzite, livide per i geloni che le gonfiavano le esili dita.

Arrivò la sera di Natale.

La vigilia di Natale mette in tutti tanta gioia e dà una grande agitazione ai bambini, che si aspettano i doni della Notte Santa. Anche la Piccola Fiammiferaia era una bambina, e non smetteva di sperare che un dono, in qualche modo, toccasse pure a lei.

Cominciò a nevicare. Il freddo si fece insopportabile. Smunta, indebolita, la Piccola Fiammiferaia si rivolgeva ai passanti che non la vedevano nemmeno, o facevano finta di non vederla. Camminavano svelti, i signori, ben avvolti in pastrani o magari in lunghe mantelle. I bambini ricchi reggevano sulle braccia pacchi di dolci, sorridevano felici. Lei era sola, affamata, tremante di freddo.

Per scaldarsi, decise allora di accendere uno dei suoi fiammiferi. Un fiammifero usato non lo si può più vendere, ma almeno la sua fiammella un minimo di tepore lo dà. Anche se si consuma in fretta.

E mentre stava per spegnersi, alla Piccola Fiammiferaia sembrò di vedere davanti a sé una camera accogliente, piena di indumenti sui quali sarebbe bastato allungare le mani.

Le allungò, e la visione disparve.

Sempre più intirizzita, allo stremo delle forze, si lasciò cadere a terra, in un angolo della strada. Accese un altro fiammifero, e lo tenne ben chiuso nella mano.

Mentre la fiamma dava l'ultimo guizzo, la Piccola Fiammiferaia vide, o credette di vedere, davanti a sé, una sala con la tavola apparecchiata, e sulla tavola ogni bendiddio: cioè le vivande che altri, più fortunati di lei, quella sera di Natale si preparavano a mangiare con gusto, con gioia.

Inutilmente tese le sue manine, in uno sforzo che la prostrò ancor di più: in quel mentre la sala sparì, e lei si ritrovò come il naufrago al quale sia stata portata via la zattera.

Ma non voleva arrendersi. Se lei era un angelo, come le aveva detto la nonna, forse un angelo vero sarebbe venuto a soccorrerla.

Accese ancora un fiammifero. Il prodigio si compì.

La Piccola Fiammiferaia - Apparizione della nonnaIn un fascio di luce, ecco lì la nonna.

La Piccola Fiammiferaia provò finalmente una gioia immensa. Il freddo, la fame, erano scomparsi. Trovò il tempo di dire: "Come sei bella, nonnina. Un angelo lo sei tu".

La nonna le tendeva le braccia, le sorrideva. La bambina non ricordava che fosse mai stata così bella.

"Vieni", la nonna l'incoraggiava. "Starai sempre al caldo fra le mie braccia. E non avrai mai più fame né freddo".

La Piccola Fiammiferaia corse, raggiunse la nonna. Adesso era per sempre al sicuro.

La mattina di Natale, i primi frettolosi e infreddoliti passanti trovarono in un angolo della via, quasi nascosto dalla neve, il vuoto corpicino d'una bambina. Aveva il volto incorniciato da riccioli biondi. In mano teneva ancora qualche fiammifero. E sorrideva...