Prefazione

Copertina del libro

Copertina libro
di Franco Piccinelli
Se la rappresentazione della figura del Carabiniere ha poco spazio e modesto successo in teatro, mentre l'esatto opposto avviene nel cinema, ciò dipende dall'essere, il teatro, somma finzione al contrario del cinema, realistico ancor più di quanto gli sceneggiatori stessi vorrebbero: e questo, forse, anche a causa dei critici, i quali in una pellicola tendono a cogliere sottigliezze e significati che magari sfuggono agli stessi autori o non erano nelle loro intenzioni quando si sono accinti a raccontare. D'altra parte, più essi cercano, oggi, di rendere realistica una storia, di accentuarne le crudezze attingendo alla fantasia, più si accorgono di essere stati preceduti, superati dalla cronaca quotidiana.

Tuttavia è raro che in una vicenda, immaginata o desunta, all'efferatezza non si opponga la dignità nel contrastare il male, la fermezza nel condannarlo. Persino l'horror ha pause che consentono allo spettatore (o al lettore) d'inseguire accorgimenti strategici dai quali emerga l'esigenza di opporsi al malfatto, alla violenza sanguinaria (non sempre ai limiti della follia). E ciò perché nell'animo umano non esiste approvazione del crimine, che resta tale anche in chi lo commette e se ne gloria. E bene è la legalità, è l'ordine costituito, è il poter contare su presidi che diano sicurezza a chi, per tutto l'oro del mondo, non saprebbe opporre violenza a violenza: per educazione ricevuta e assimilata, ma anche per la consapevolezza che le spirali dell'odio si innescano da un nulla e possono non vedere mai la fine.

Ora, il bene, la legalità, l'ordine, sono concetti che hanno la capacità di formalizzarsi, di assumere un aspetto concreto, persino di darsi una fisionomia. E cinema gliel'ha data in innumerevoli occasioni, documentate in questo libro nient'affatto agiografico, piuttosto notarile di accadimenti, situazioni, interpretazioni. Un libro che è la fisionomia di un'Arma in cima alle simpatie e al rispetto degli italiani.

Un libro sui Carabinieri nel loro insieme, prima di tutto. Perché, seppure in alcuni episodi a carattere storico, di presa profonda nell'opinione pubblica, i protagonisti sono i singoli, in quegli stessi episodi, senza nulla togliere alle ben connotate abnegazioni personali, tutti i protagonisti potrebbero essere intercambiabili, senza per questo mutare il senso del racconto. E perché, se si tratta invece di episodi cronachistici, circonfusi di argute ironie, esse servono ad evidenziare la quotidianità d'un dovere che non mira di per se stesso all'encomio o alla medaglia.
Per questo motivo durante il Fascismo, quando il nostro Paese doveva apparire portatore di valori indiscussi, in primo luogo di onestà, l'eroismo e gli eroismi singoli della Benemerita non trovarono udienza neppure in caso di episodi particolarmente significativi. I Carabinieri, in quel periodo della nostra storia, non parevano degni d'essere elevati a comprimari di vicende sia pure edificanti. Essi dovevano risultare null'altro che servitori dello Stato. Bastavano, per gli atti di valore, strumentalizzati anch'essi dalla retorica dell'epoca, le tavole della "Domenica del Corriere".

Poi, nell'ultimo mezzo secolo, intanto che andava affermandosi una più appropriata diffusione dell'immagine assieme a una più libera metodologia narrativa, i Carabinieri entrarono nel cinema: con l'affetto e il rigore mai disgiunti nel giudizio, nell'opinione, nella considerazione degli italiani. Tanto depositari del senso della Legge da garantirla persino dai rischi di interpretazioni troppo discrezionali: anche a costo di patirne le conseguenze. E, si sa, esistono delle ingiustizie contro le quali non c'è possibilità di appello, bisogna subire in nome del dovere e dell'ideale d'una giustizia intesa nel suo più alto significato.

Non c'è immagine filmica degli ultimi cinquantanni dove il Carabiniere non siapermeato d'affetto: sia egli un trepido innamorato o un imbranato esecutore di ordini. Ne percepisci la dirittura morale, che non dipende dagli studi fatti quando da noi erano ben pochi a studiare, e meno ancora a imparare, ma viene dalla forza di una fede che giustifica una vita di sacrificio. Sennò si sceglierebbero altri mestieri, dove chi più sbraita più appare; mentre loro, i Carabinieri, sentono l'orgoglio del silenzio. Ma, anche questo è noto, la voce del silenzio ha spesso toni altisonanti più degli strepiti. E', ancora, un fatto di stile, di dignità manifestata nel rispetto verso una divisa che di gloria e di onori ne ebbe tanti, al punto da apprezzare le intelligenti arguzie che umanizzano una divisa e chi l'indossa.

Come i preti. Più dei preti. Non esistono scherzi da Carabiniere. Che io sappia, sono poche le uniformi gettate alle ortiche. È doloroso rinunciare allo status impresso dell'appartenenza alla Benemerita. Anche a motivo di ciò, tragedia e commedia coesistono, ciascuna nel suo ambito, quando gli episodi che i Carabinieri riguardano sono portati sullo schermo. Perché quegli uomini sono come noi, sono parte di noi: allorché soffriamo in silenzio e, ancor di più è la nostra opinione, quando siamo la causa, più o meno volontaria, di un rasserenante sorriso.