Introduzione

Copertina del libro

Copertina del libro
di Renato Minore

Linee. Linee rossoblù che attraversano, come in una filigrana trasparente, la storia del paese. Si intagliano nelle vicende e nei sentimenti delle persone, non rappresentano un'identità completa e definita, quanto piuttosto depositano tracce e segni. Il Carabiniere, l'uniforme, la fiamma, la figura eretta. Una serie di icone incastrate nel vissuto italiano. Nel vissuto individuale di ciascuno, forse nelle paure ancestrali, nei timori reverenziali, nelle prime fantasie infantili che danno corpo e anima agli eroi di carta.

Gino Cervi, Leonardo Cortese e Maria Denis in "La fiamma che non si spegne", regia di Vittorio Cottafavi 1949

Con i carabinieri la storia diventa leggenda. Il quotidiano si trasforma in una serie di scenari tragici, eroici. La ieraticità dell'aspetto si dissolve davanti ai segni rossoblù e l'Arma si staglia come un simbolo agli occhi della vita di tutti i giorni. Nel cinema, nei libri, nei documenti. Le immagini si confondono con la leggenda e il rituale, il linguaggio, la compostezza iconografica dei carabinieri sono gli unici elementi che mescolano il simbolo alla realtà.

La storia dei carabinieri forse va vista così, a sprazzi, a spiragli, a segni. A microstorie, frammenti, improvvise finestre in avanti e indietro nel tempo. Dentro la storia ma anche dentro la cinematografia. Nella realtà cruda dei verbali e nell'intimo letterario di certa narrativa. Nelle foto e nelle immagini rappresentative. Incursioni in un riferimento collettivo che si slarga in colore nelle tavole illustrate e rattrappisce nei pupazzi in panno Lenci. Un immaginario che si dondola tra il gioco e la passione nei soldatini di stagno. Le figure raccontano un mondo in bilico tra realtà e leggenda. Le parole lo fissano in un caleidoscopio di ricordi e scenari incastonati nella memoria di ciascuno, indipendentemente dall'età, dall'appartenenza politica o anagrafica.

Se un'ideale linea di continuità si dovesse pensare, a unire il paese potrebbe non essere la satira sui carabinieri o il sacrificio di Salvo D'Acquisto. Potrebbe non essere la strage di Palermo (dove perse la vita il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, divenuto Prefetto) o le immagini televisive che documentano la morte di decine di uomini dell'Arma. Ma in sottofondo, una lunga, trasparente, leggera linea rossoblù unirebbe i tempi e le memorie.

Proviamo a raccontare questa storia che è la storia dell'insieme di rappresentazioni e di raffigurazioni con cui il carabiniere è stato visto e interpretato popolarmente. La raccontiamo con tante schegge autonome, come una sequela con molti capitoletti che attraversano la nostra storia civile, la storia del nostro gusto, la storia delle rappresentazioni collettive. Sarà una storia di immagini e di passioni, di scelte e di desideri. Ci aiuta la letteratura, ci aiutano i documenti ufficiali, le riviste popolari, ci aiuta soprattutto il cinema. E nel cinema, di cui questo volume presenta un repertorio vasto e articolato, per la prima volta stilato in tutta la sua completezza, il carabiniere ha trovato un suo modo di essere, una sua certa visibilità, un suo volto.

Guardate i volti di questo singolare catalogo, i carabinieri di volta in volta interpretati da Guido Celano e Tino Buazzelli, Vittorio De Sica e Alberto Sordi, Roberto Risso e Vinicio Sofia, Bernard Blier e Nino Manfredi, Lando Buzzanca e Franco Nero, Massimo Ranieri e Stefano Satta Flores, Diego Abatantuono e Lino Ventura, Carlo Verdone e Enrico Montesano, Massimo Boldi e Paolo Graziosi, Enrico Lo Verso e Leo Gullotta, Renzo Montagnani e Andy Luotto...

Maschere tragiche, maschere comiche, maschere ironiche o grottesche...

Un "film" ininterrotto che possiamo scorrere e conoscere per frammenti. Frammenti di storia (le "regie patenti" o il "banditismo..."). Frammenti di libri (Sciascia o Collodi ... ). Frammenti di pellicole ("Salvo D'Acquisto" o "La mia generazione" ... ). Il lettore può consultarli e ricomporre con libertà, come in un puzzle che va delineando, la sua immagine forte, la sua immagine-guida.

una scena da "Il Tradimento", regia di Riccardo FredaRegie patenti. I due secoli di storia rossoblù che sono intercorsi tra il 13 luglio 1814, quando il re Vittorio Emanuele I istituì l'antico Corpo dei Carabinieri Reali, all'Arma di oggi - divenuta tale nel 1861 - sono intessuti di uomini e idee, ma soprattutto di gente. Gente vicino alla gente. I carabinieri sono questo. Essi nascono con le Regie Patenti, a Torino. La funzione è dinastica, vicina allo scettro, vicina al potere, nella difesa delle istituzioni. Prosperità dello Stato e difesa dei cittadini: i carabinieri nascono così.

L'arrivo. Nel "Giorno della civetta", Sciascia racconta così l'arrivo dei militari dopo la caduta del mortammazzato, figura tipica del contesto siciliano: "L'apparire dei carabinieri squillò come l'allarme nel letargo dei viaggiatori: e dietro al bigliettaio, dall'altro sportello che l'autista aveva lasciato aperto, cominciarono a scendere". Lo "squillo" si contrappone al "letargo". L'arrivo degli uomini dell'Arma non è mai casuale, è un irrompere particolare nella scena. E' sempre una risoluzione, un gesto "provvidenziale", al momento giusto. Così si ripristina l' "ordine" momentaneamente infranto. Scrive ancora Sciascia in quello che forse può considerarsi il suo romanzo più riuscito: Il maresciallo ordinò ai carabinieri di fare sgomberare la piazza e di far risalire i viaggiatori sull'autobus".

Riflettiamo. E' un rituale che può ricordare la tragedia greca, con l'arrivo dei carabinieri la "tyche" (la sorte provvidenziale) scende sulla scena e prende in mano le sorti della vicenda. E' un incombere leggero, fatto di passi quasi discreti, atteso e invocato. Preannunciato non sempre da una chiamata. Qualche volta a far presentire l'arrivo degli uomini dell'Arma è una sorta di attesa impalpabile che si vede sullo sfondo.Mai violenta. Spesso, anzi, quieta. Come tutte le cose inevitabili.

Sacrificio. Un episodio lontano, lontanissimo. Ma è uno di quei frammenti che compongono l'immagine complessiva che ci preme rievocare. A Cuneo, nella provincia piemontese perde la vita per la prima volta nella storia un carabiniere. Siamo nel 1815, a meno di un anno dalla fondazione dell'Arma. Si chiama Giovanni Boccaccio proprio come il grande scrittore trecentesco e muore nel corso di un conflitto a fuoco. Vittima di un'imboscata. Il coraggio e lo spirito si fronteggiano nel corso della Restaurazione. Il "sacrificio" di quel carabiniere ha fuso la sua storia con le tensioni della gente. E' come se la figura rossoblù dell'Arma si fondesse di volta in volta con lo spirito del paese. I carabinieri sono anche la storia del paese. 0 almeno di una sua parte.

Roberto Risso, Giovanna Ralli, Memmo Carotenuto in "E' permesso, Maresciallo?", regia di Carlo Ludovico Bragaglia, 1958Storie. "La mia generazione" è un film italiano del'96, con Silvio Orlando e Claudio Amendola. Un carcere speciale siciliano: questo lo scenario in cui si consuma la vicenda drammatica di un detenuto politico, Braccio. Il capitano dei carabinieri (Orlando) riesce a penetrare nella sua psicologia e a capirne i tratti. Fino a farsi tutt'uno col detenuto, con la sua storia. Le storie dei carabinieri e quelle dei detenuti, le storie degli uomini che la legge la fanno e di quelli che la legge la trasgrediscono diventano una cosa sola, un unico abbraccio davanti alla Storia universale degli uomini. Ancora da Leonardo Sciascia: "Stava davanti al capitano, girando nervosamente tra le mani il berretto, seduto un po' di lato per guardarlo in faccia... [il capitano] prevedeva la menzogna del confidente... ascoltava senza interromperlo e più lo metteva in disagio di tanto in tanto distrattamente annuendo. E intanto pensava a quei confidenti che erano rimasti, sotto uno strato leggero di terra e di foglie secche, nelle rughe dell'Appennino...".

Amedeo Nazzari, Guido Celano, Guido Morisi in "Il Brigante Musolino" Regia di Mario Camerini, 1950Carabina. Arma lunga, slanciata, altera. Strumento reale, la dotazione del Corpo dei Carabinieri Reali. Domina le cronache e la figurazione ottocentesca del Carabiniere. La dignità e la fierezza si specchiano nello sfavillio dell'arma da fuoco. Se la spada richiama il duello e gli scontri individuali, è l'emblema del combattimento come risoluzione di un conflitto tra due singoli, la carabina diventa subito lo strumento di difesa collettiva, l'arma con cui il buono e il giusto difendono i deboli.
La carabina non è tanto il simbolo della legge che impone, quanto quello della legge che difende. Che fa giustizia senza attaccare, stando su posizioni di ritiro. La carabina è la difesa di tutti, dello Stato e della collettività.

Sempre in due. La "piccola storia" che stiamo raccontando è fatta anche dai modi di essere, e di essere rappresentati dalla fantasia popolare, un "sapere fuori testo" che viene trasmesso da una generazione all'altra, che diventa racconto orale e ballata. "A-ddui hann'a - gghiri i carrabbonera - unu i r'avanti e unu i r'arrieri".
I carabinieri non sono mai uno. Sono sempre in coppia, è il rifiuto assoluto dell'individualismo e la spinta verso la collettività. E' una metafora potente che si rincorre sfogliando vecchi testi e antiche cronache e che arriva fino ad oggi. Il "singolo" non esiste nell'Arma. La coppia, il passo cadenzato, il ritmo binario che accompagna tutte le storie dei carabinieri sono il tempo della difesa, della sicurezza. Della rassicurante veglia dell'Arma sul popolo intero.Nei romanzi e nei racconti che hanno per protagonisti i carabinieri l'azione del singolo, anche quando è individuale e nelle scene in cui l'uomo appare da solo, non è mai da considerarsi nel suo muoversi isolato. E' sempre collettiva, sempre legata ad altri elementi, collegata ad un compagno che idealmente rappresenta uno status. Di più. Un codice.

Banditismo. "Un brigante assai feroce, certo Di Sciascio, da Guardiagrele su quel di Chieti, caduto nel potere della giustizia, doveva essere dal tribunale militare speciale, sedente in Chieti stesso, processato e condannato... respinto il ricorso in grazia, si dispose per la esecuzione della sentenza. Frattanto giungeva da Guardiagrele al comando di Chieti avviso qualmente una forte banda di quei terrazzani si era proposta di liberare Di Sciascio, a qualunque costo, dalla forza armata e quindi si invitavano le autorità militari a provvedere. Il comandante la divisione diede alle due compagnie che dovevano servire di scorta al condannato pieni poteri di reprimere in qualche modo ogni tentativo di ribellione..." (da "Il Carabiniere" - Roma, 3 aprile 1886).

Roberto Risso e Gina Lollobrida in "Pane, amore efantasia" Regia di Luigi Comencini, 1953Legge. Ancora da Leonardo Sciascia: "Il capitano Bellodi, emiliano di Parma, per tradizione familiare repubblicano e per convinzione, faceva quello che in antico si diceva il mestiere delle armi e in un corpo di polizia, con la fede di un uomo che ha partecipato a una rivoluzione e dalla rivoluzione ha visto sorgere la legge: e questa legge che assicurava libertà e giustizia, la legge della Repubblica, serviva e faceva rispettare. E, se ancora portava la divisa, per fortuite circostanze indossata... era perché il mestiere di servire la legge della Repubblica, e di farla rispettare, diventava ogni giorno più difficile".

Il capitano Bellodi, alla fine, verrà sostituito. Una "cosa" mafiosa potentissima ostacolerà ogni tentativo di giungere alla "verità". Ma resta in lui quel senso antico della legge, anche se "servirla" è cosa assai complessa e diventa pressoché impossibile.

La legge è un codice morale, ma per il carabiniere diventa una sorta di uniforme ulteriore. Si avvince alla giacca e ai tratti del volto come un segno distintivo impresso sulla pelle. E un'abitudine, un costume, una componente essenziale della storia di ciascun militare dell'Arma.

Vittorio De Sica in "Pane,  amore e fantasia", regia di Luigi Comencini 1953Guerre e colera. Grenoble. 0 battesimo del fuoco. 0 scontro di prova. Il collaudo ufficiale del nuovo Corpo reale. Scontro con i francesi di Napoleone. Quelle battaglie in cui non ci sono vincitori né vinti, se vincere significa riportare minori ferite. Grenoble (1815) è uno di quei conflitti che appartengono alla storia, solo per le motivazioni che l'hanno provocato. I carabinieri sono un corpo pronto ad essere utilizzato in caso di guerra. Pronto ad ogni eventualità. Anche fuori della logica della "guerra".

C'è un significativo episodio accaduto lo stesso anno. Leggiamo la sua cronaca ricostruita su 1l Carabiniere", la rivista dell'Arma: "Arta, paese della Carnia... fu infestato da così fiera invasione vaiolosa che sul totale complessivo di 700 abitanti, 45 vennero assaliti dal morbo e 14 miseramente perirono... le autorità, il sindaco di Arta specialmente, con affanno preoccupavansi di questo stato di cose. "I carabinieri!" esclamò una mattina quel sindaco, battendosi il palmo della mano sulla fronte, come chi sia riuscito ad afferrare una buona idea. "Mandiamo i carabinieri e il morale della popolazione sarà risollevato! ....".

Tragedia. Quando la tragedia colpisce i carabinieri, la loro attività, specie se un'attività che ha sfiorato l'ideale, anche i semplici nomi dei posti diventano storia. La provincia palermitana è diventata il simbolo della lotta alla mafia e alla criminalità. La figura del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa poi diventato Prefetto di Palermo e ucciso a Palermo insieme alla moglie, Emanuela Setti Carraro, è entrata in quella nuvola indefinita eppure circoscritta e potente che è la leggenda. Il film di Giuseppe Ferrara "Cento giorni a Palermo", che riproduce la tragedia, parte con una sequenza di omicidi (l'ispettore Giuliano, Piersanti Mattarella, Pio La Torre). La tragedia si materializza sin dall'inizio, dall'epilogo funesto, uno stravolgimento voluto dei canoni classici greci, dove la morte arriva al momento dello scioglimento. Uno stravolgimento delle regole della tragedia che è lo stravolgimento delle regole che la mafia porta con sé. Un sistema completamente capovolto, uno Stato nello Stato, come molti hanno scritto.

La tragedia di Palermo è una tragedia moderna riscritta in modi nuovi. Una scena che si inscrive nella quotidianità delle vicende di cronaca. Scritta sui giornali, annunciata in qualche modo, "rappresentata" (dopo) dalla pellicola cinematografica. La tragedia moderna ha i suoi tempi, i suoi spazi, i suoi limiti anche. Non nasce solo, come nella tragedia greca, da un intento didattico-pedagogico. Ma da una realtà che fa i conti con la gente e con le leggi di uno Stato "contro". Non una giustizia canonizzata che detta le sue regole, ma una controgiustizia che si impone sulla legge morale.

Pinocchio. Anche nel testo immortale di Collodi, ecco un carabiniere, simbolo di una legge che impone rispetto e "acciuffa" chi trasgredisce con una mossa prevista e insieme fulminea...

"Ma Pinocchio, quando si avvide da lontano del carabiniere che barricava tutta la strada, s'ingegnò di passargli, per sorpresa, frammezzo alle gambe e invece fece fiasco. Il carabiniere, senza punto muoversi, lo acciuffò pulitamente per il naso (era un nasone spropositato, che pareva fosse fatto apposta per essere acchiappato dai carabinieri) e lo riconsegnò nelle proprie mani di Geppetto; il quale, a titolo di correzione, voleva dargli subito una buona tiratina d'orecchi. Ma figuratevi come rimase quando, nel cercargli gli orecchi, non gli riuscì di poterli trovare. E sapete perché? Nella furia di scolpirlo, si era dimenticato di farglieli ...".

Leggiamo la pagina così vitale e scoppiettante, visionaria e imprevedibile di Collodi. Il suo "carabiniere" è un po' marionettistico, come un oggetto d'avanguardia che si muove a scatti e raggiunge il suo obbiettivo, prendere per il naso, il naso smisurato, il burattino a cui il padre non può neppure tirare le orecchie. Quel fantoccino, immobile sulla via, incarna l'idea di un Ordine un po' caricaturale a cui corrisponde l'anarchico sgambettare di Pinocchio.

Nel Sud. "Il ladro di bambini" è un film di Gianni Amelio, del'92. Racconta il Sud, certa disperazione, certo degrado senza indugi moralistici, inventando uno "stile", un suo modo di dire le cose anche le più spiacevoli e "indicibili". Oltre il neorealismo, un'immersione forte e indimenticabile nei problemi meridionali.

La storia di Luciano, un bambino disadattato in fuga, si fonde con quella di Antonio, un carabiniere che incontra lui e Rosetta, sua sorella, in fuga anch'essa da una vita in mano alla prostituzione. Nelle vicende cinematografiche, i carabinieri riescono a far compenetrare le loro vite con quelle della gente, a mettere insieme i tralicci delle esistenze. Antonio non è un protagonista a sé, indipendente dal resto della storia. Antonio è un personaggio accompagnato sempre da un'altra vita, da un'altra esistenza. Mai da solo. Il carabiniere accompagna, supporta, si unisce, si lascia vivere dagli altri protagonismi. Non è solo e non lascia soli, anche se il suo compito è ingrato, se il suo comportamento rischia la sanzione disciplinare.

Carlo Alberto. "Nella battaglia di Santa Lucia, il 6 maggio del 1848, dopo lungo, sanguinoso e indeciso combattimento, i piemontesi intrapresero un disparato assalto generale... da ambe le parti erasi combattuto con grande valore. I piemontesi attaccarono con grande vivacità e energia e sostennero mirabilmente per tutta la giornata la loro bella reputazione militare. Il re Carlo Alberto trovavasi in Santa Lucia ed animava coll esempio i combattenti..."

(da "Il Carabiniere" - Roma, 20 marzo 1886).

Dalla parte della gente. Il linguaggio usato dai carabinieri rientra nei canoni quotidiani, di tutti i giorni. Vicini alla gente, gli uomini dell'Arma parlano con i suoi registri, anche con i modi di dire tipici del popolo. Anche un "perdinci" può dimostrarlo. Un modo un po' aulico, che diventa uno slogan, un modo di dire, una sorta di moto di sorpresa di fronte all'imprevisto:

"C'è il signor brigadiere?"

"No, ci sono io che faccio le veci" - rispose l'appuntato Messina Giuseppe al contadino Giovanni Garofano"

"Avevo qualcosa da dire..."

"Parlate pure a me liberamente, ché fa lo stesso"

"Ecco, stamattina ho dovuto recarmi alla casa di campagna del muratore Bollino, casa che trovasi nella contrada Serra ed è disabitata. Là dentro, con grande mio spavento ho trovato il cadavere del giovane Giuseppe Canizzo, stato ucciso con una fucilata alla schiena"

"Perdinci! E voi non avete alcun sospetto sull'autore dell'assassinio?" (da Il Carabiniere - Roma, 5 giugno 1886).

Allori di Crimea. "Roccia". L'avamposto italiano in Crimea. Il battesimo del fuoco fuori dal territorio. Le truppe dello zar sono costrette alla ritirata, sotto l'impeto dei militari al servizio del re. Linea di confine tra l'Italia e l'Europa, è di qui che parte la grande avventura italiana nel continente. Anche i carabinieri si distinguono nella battaglia e contribuiscono alla vittoria. Un punto non secondario nell'intero progetto che permetterà a Camillo Benso Conte di Cavour di contrattare un posto in Europa per il paese. La corsa italiana ad una poltrona nel regno dei grandi, comincia da qui.

Massime. "Chi di voi non si sente commosso pensando a sua madre, alle sue sorelle? Quando trattate colle altre donne, pensate a queste, pensate che cosa vi parrebbe se vedeste fatto ad esse un torto, recato un oltraggio alla loro virtù" Cesare Cantù (da "Il Carabiniere" - Roma, 24 luglio 1886).

Roy Ciccolini, Gérard Blain e Bernard Blier in "Il Gobbo", regia di Carlo Lizzani, 1960Arma. La difesa non più solo della nazione, ma dello Stato. Forse anche della patria. Con l'unità d'Italia, i carabinieri assumono definitivamente la denominazione di "Arma". Sono la prima Arma del "Regio Esercito Italiano".

"Mi saprebbe dire, brigadiere, com'è ripartita presentemente la nostra Arma?"

"Sì signore: l'Arma si compone del comando generale, di undici legioni territoriali, una legione Allievi"...

"A quale scopo sono istituite le legioni?"

"Per attendere alla sicurezza pubblica"

"Continui pure"

"Le legioni territoriali sono ripartite in divisioni compagnie, tenenze, sezioni e stazioni"..

(da "Il Carabiniere" - Roma, 17 aprile 1886).

112. Il filo che collega la richiesta d'aiuto all'altra parte del muro, la difesa. Non è solo un numero. E' di più, è un segno, un simbolo. L'emblema della richiesta di pronto intervento, la soluzione ai problemi di varia natura. Una sorta di filo teso alla speranza che non si ferma neanche di notte, la macchina della salvezza in grado di raggiungere tutto e tutti. L'ombra. L'angelo custode dei deboli. Il numero che lega insieme tutte le speranze e la gente, il tessuto connettivo di un popolo che si ritrova unito dalla forza e dal prestigio dell'Arma.

Panno Lenci. Panno italiano brevettato con cui si fecero le prime statuine sui carabinieri. La carta d'imbarco per la satira. Dal panno Lenci alle ceramiche di Deruta e Castelli. Fino all'artigianato di Sciacca, in provincia di Agrigento, dove la produzione della maiolica ha realizzato decine di uniformi rossoblù. La satira prende di mira il carabiniere e la sua bonarietà, il suo porsi dalla parte della gente e ascoltare tutti, nessuno escluso. I militari raffigurati in terracotta mettono in evidenza soprattutto i tratti del volto, "onesto" e spesso smilzo. Capelli corti e baffetti. L'icona in bianco e nero del volto risalta sotto il rossoblù del berretto.

Massime. "Il vero coraggio sta nell'adempiere il proprio dovere, nella fedeltà alle promesse, nella franchezza della parola e dello scritto, nel silenzio opportuno e nell'opportuna astensione" Cesare Cantù (da "Il Carabiniere" - Roma, 15 maggio 1886).

Franco Nero in "Il giorno della Civetta", regia di Damiano Damiani, 1968Collezione. A Roma, al museo del Risorgimento, c'è una collezione di 3.200 figurine che riproducono i reparti e gli uomini più rappresentativi dell'esercito italiano nel 1866. Il risultato di un lavoro di 41 anni. Tanto ha impiegato il tenente di fanteria di Marina Enrico Serra, che ha messo accanto ad ogni pezzo il nome e il cognome. Ogni pezzo è stato tratto da una raffigurazione reale. La realtà arriva a coincidere con la rappresentazione, la rappresentazione si fa più reale. Tutte le parti metalliche sono rivestite minuziosamente di sottile stagnola. La rappresentazione spiazza la satira. La figura stilizzata e altera, dritta e asciutta del carabiniere è quella che si presta più delle altre alla rappresentazione. Nelle statuette di terracotta, di stagno o di lega, tutta la compostezza del rango diventa immagine, diventa segno.

Verbale. "Comando della divisione militare di Chieti - ordine del giorno 16 settembre 1885 - la mattina del 13 corrente, in un magazzino ripieno di paglia e di attrezzi rurali sviluppavasi nella città di Foggia notevole incendio, causato molto probabilmente da inavvertita accensione di un fiammifero nel chiudere la porta del magazzino stesso. Accorsero prontamente sul luogo dell'infortunio le autorità locali, civili e militari, il capitano dei carabinieri cav. Arè, il tenente Manduca, .... come pure un buon numero di ufficiali e militari del 64' fanteria. L'incendio prese tosto vaste proporzioni, minacciando di invadere le abitazioni vicine..." (da "Il Carabiniere" - Roma, 22 maggio 1886).

Barzellette. Carabiniere a collega: "Oggi mi sento mezzo scemo".

Risposta: "Allora stai meglio del solito".

Carabiniere a collega: "Mi hanno trasferito e sono demoralizzato. Dimmi qualcosa che mi tiri su".

Risposta: "Alzati".

Franco Nero e Claudia Cardinale in "Il Giorno della Civetta", regia di Damiano Damiani, 1968Beltrame. La raffigurazione dell'Arma e dei suoi protagonisti deve molto a Achille Beltrame, a Vittorio Pisani e a Walter Molino, i disegnatori che per cinquant'anni hanno riprodotto le imprese dei carabinieri su periodici e riviste illustrate. Sulla "Domenica del Corriere" e sulla "Tribuna illustrata" i fatti di cronaca diventavano le imprese del carabiniere. L'icona della fiamma, in evidenza nella tavola, diventa il sigillo di credibilità della notizia. La divisa rossoblù appare sempre in mezzo alla gente. La folla, la collettività, il popolo fa sempre da sfondo alle vicende. Le imprese del carabiniere appaiono in concomitanza di fatti di cronaca, ne sono il suggello, il punto risolutivo. L'intervento che sblocca la situazione e la mano che scioglie i nodi. In queste storie settimanali che hanno modellato l'immaginario popolare, dominano gli schemi dell'intreccio romanzesco: eredità contese, scambi di persona, incidenti di viaggio, miracolosi riconoscimenti. Domina l'imprevisto, l'abnorme con l'aspetto di un elefante in libera e incontrollata uscita, di un piroscafo incagliato o di una miniera inondata.

Massimo Ranieri e Lina Polito in "Salvo D'Acquisto", Regia di romolo Guerrieri, 1975Salvo D'Acquisto. Ci sono dei nomi che diventano subito centri evocatori di immagini e di storie. Immediatamente, alla semplice pronuncia, si apre come una finestra da cui escono altri nomi, storie, vicende e immagini. Se il nome è quello di un carabiniere, l'immagine del martire e della morte per gli altri, l'icona del sacrificio balza alla mente come un quadro prestampato, un percorso obbligato. Morto per una patria che si sta perdendo, morto per un paese allo sbando. L'uccisione del giovane sottufficiale, che preferisce restare con la gente che sta difendendo la propria casa, piuttosto che andare a combattere in montagna contro i tedeschi, lo ripone nella sua nicchia agiografica posta tra le persone. Mai da solo. Sempre con gli altri, anche a costo della gloria. La scelta di difendere Torre in Pietra costa la vita a Salvo D'Acquisto, che si immortala nella storia dell'Arma e nella storia degli uomini.

Massime. "Saper campare del proprio, poco o molto che sia, è la prima guarentigia di una vita onorata e tranquilla. Quando invece si comincia a vivere dell'altrui, addio tranquillità e, pur troppo non di rado, addio onore. Del creditore in oggi non ride più nessuno e si ride invece del debitore rovinato". M. D'Azeglio (da "Il Carabiniere" - Roma, 15 maggio 1886).

Fedele. "Il capitano sentì l'angustia in cui la legge lo costringeva a muoversi; come i suoi sottufficiali, vagheggiò un eccezionale potere, una eccezionale libertà d'azione: e sempre questo vagheggiamento aveva condannato nei suoi marescialli. Una eccezionale sospensione delle garanzie costituzionali, in Sicilia e per qualche mese: e il male sarebbe stato estirpato per sempre. Ma gli vennero alla memoria le repressioni di Mori, il fascismo: e ritrovò la misura delle proprie idee, dei propri sentimenti. Ma durava la collera... ma non era ancora un sereno giudizio" (Leonardo Sciascia).

Philippe Noiret e Vittorio Gassman in "Due pezzi di pane", regia di Sergio Citti, 1979Fiuto. Indagine, o naso, o ricerche. Quello dei carabinieri è sottile, fatto piuttosto di intuito, di vicinanza alla gente. 1l disco volante" è una commedia del '64, diretta da Tinto Brass e interpretata da Alberto Sordi e Monica Vitti. Il brigadiere dei carabinieri di un paesino veneto è incaricato di indagare sul presunto arrivo di un veicolo extraterrestre. Nella provincia bigotta e angusta dell'Italia nordorientale, la verità si confonde con la superstizione e la ricerca del nuovo muove da un inconfondibile bisogno di emozioni. Tutti dichiarano di aver visto il marziano, ma alla fine la storia coinvolge una povera vedova in varie peripezie e tutti (brigadiere compreso) verranno scambiati per visionari. Il fiuto del militare qui è in mano ad un mondo che si astrae, che interpreta sé stesso come un unico lungo sogno accartocciato. Ma il dovere ha la meglio e il brigadiere si impegna a risolvere anche un caso che ha dell'assurdo.

Il dovere come forma di legge morale si imprime nella figura del carabiniere come un marchio distintivo. Ne guida le mosse e i pensieri, ne plasma perfino l'aspetto.

Renato Minore