Page 2 - Forestale N. 54 gennaio - febbraio 2010
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© G. Salari                                      EDITORIALE




          Il valore delle foreste


              uanto valgono le nostre foreste? Sono attraenti per chi cerca  un lavoro? Negli Stati Uniti, in una
              classifica delle dieci professioni su cui puntare nei prossimi anni, al secondo posto dopo l’im-
          Q prenditore agricolo c’è proprio l’addetto al comparto forestale. Certo, in Italia non abbiamo la
          stessa copertura forestale e possibilità di impiego, ma i boschi e le foreste del Belpaese costituiscono
          ugualmente un’importante risorsa economica su cui investire.
          E non solo perché, come ricordato più volte su queste pagine, sono serbatoi di carbonio e scrigni di
          biodiversità.
          Oggi nell’industria forestale lavora nel nostro Paese circa mezzo milione di persone, una cifra desti-
          nata a crescere se pensiamo all’interesse verso la gestione sostenibile dei boschi e la certificazione.
          Ogni anno si certificano Fsc (Forest Stewardship Council, come la carta di questa rivista) o Pefc, i due
          marchi più accreditati, circa 300 nuove aziende. Si va dalle piccole e medie imprese alle cooperative,
          fino ad aziende che fatturano decine di milioni di euro.
          Ora abbiamo a disposizione pavimenti in parquet certificati e made in Italy, la scelta del legno come
          materiale da costruzione poi diventa sempre più diffusa e, in un Paese a forte rischio sismico, è una
          scelta saggia. C’è chi contesta le case in legno perché estranee alle tradizioni costruttive dell’Appennino
          ma basta intonacarle per eliminare l’impatto visivo. E ci sarebbe anche da riflettere su quale scempio
          urbanistico hanno causato tante colate di cemento in molti centri abitati.
          E non solo per evitare i morti in occasione delle scosse sismiche.
          Stiamo riscoprendo, insomma, le nostre foreste. La prima statistica forestale nazionale risale al 1870 e
          fu effettuata soprattutto per fini commerciali. Si iniziò allora a disboscare per ottenere spazi e materie
          prime, dal legno per le traversine ferroviarie al carbone da legna.
          Nel 1925 l’indice di boscosità era appena del 18 per cento, una minaccia per la difesa idrogeologica
          del Paese e la possibilità di un vero sviluppo dell’industria forestale. L’Italia “ricca di boschi poveri”,
          come si dice oggi, nasce proprio dalle scelte compiute in quegli anni. A difenderci è stata la fortuna
          di possedere un territorio prevalentemente collinare e montuoso dove lo sfruttamento delle foreste è
          più difficile, altrimenti avremmo probabilmente seguito le Isole Britanniche sulla strada della defore-
          stazione.
          Nei decenni successivi, in particolare nel Dopoguerra, anche grazie alle Forestale iniziò una fase
          importante di rimboschimento e solo negli ultimi 30 anni le foreste sono state riconosciute degli eco-
          sistemi da preservare e utilizzare con intelligenza e parsimonia. Anche l’indice di boscosità quindi
          è progressivamente cresciuto, di anno in anno, fino a raggiungere ora, il 33 per cento circa, come
          attesta l’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio, realizzato dal Corpo forestale
          dello Stato.
          Il 2010 si celebra l’Anno internazionale della biodiversità e quindi l’attenzione di tutti e anche la nostra
          sarà ancora una volta rivolta alle foreste, al loro e al nostro futuro.
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