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Giustizia Amministrativa

Sentenze tratte dal sito www.giustizia-amministrativa.it


Personale militare - Prima assegnazione di sede dopo iter formativo ­Indennità di trasferimento - Non compete.

Consiglio di Stato, Sezione IV, sent. 5 novembre 2004, n. 7204 (c.c. 27 maggio 2004). Pres. Salvatore, Est. De Felice, B. F. c. Ministero Difesa.

I benefici di cui all’art. 1 L.10 marzo 1987 n.100 (Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare), non spettano nell’ipotesi di assegnazione della prima sede al personale militare, non potendo detta assegnazione essere equiparata al trasferimento d’autorità, neppure nelle ipotesi di assegnazione successiva ad una fase addestrativa. Durante la fase addestrati-va il personale militare l’ufficiale non è titolare di una sede di servizio in senso proprio, con la conseguenza che la destinazione alla sede di impiego al termine del ciclo addestrativo non costituisce trasferimento d’autorità, bensì prima assegnazione di sede (1).

(1) Si legge quanto appresso in sentenza:“L’odierno appellante rappresenta di essere stato nominato sottotenente con decreto del Presidente della Repubblica, di essere stato successivamente assunto in forza alla Brigata Aerea di Lecce, dove terminava la fase di addestramento, di essere stato trasferito alla Brigata Aerea di Amendola in data
11.10.89 e successivamente (in data 6.8.1990) al53° Stormo di Cameri. Sostenendo di essere stato sottoposto a trasferimento, diffidava il Ministero a corrispondergli le indennità supplementari di prima sistemazione nonché le indennità previste dalla legge 100/1987. In assenza di riscontro, agiva in giudizio per l’annullamento del silenzio-rifiuto e per l’accertamento e la condanna a suo favore, deducendo i vizi di violazione di legge (L.100/87) ed eccesso di potere sotto vari profili. Il giudice di primo grado, con la impugnata sentenza, rigettava il ricorso, ritenendo che il trasferimento presso la sede di destinazione di servizio non si configuri quale trasferimento d’autorità e non integri i presupposti di legge per l’accoglimento della richiesta, dovendosi intendere tale trasferimento piuttosto come prima assegnazione di sede. Il trattamento di cui alla legge 100/87 non sarebbe riconoscibile ai piloti ufficiali di complemento al termine del periodo di addestramento, che, per sua natura, è articolato in varie fasi, distinte e separate, che non prevedono la permanenza nella stessa sede per un periodo superiore ai quattro anni. Avverso la suddetta sentenza, viene proposto appello, nel quale si concorda in sostanza sulla interpretazione fornita dal giudice di primo grado, limitatamente alla non spettanza della indennità di prima sistemazione in caso di assegnazione di sede durante la fase addestrativa. Si deduce, tuttavia, la erroneità della sentenza nella parte in cui non ha tenuto presente che il ricorrente aveva limitato la sua domanda al riconoscimento della indennità per i trasferimenti successivi al primo. Si è costituito il Ministero della Difesa, che ha chiesto il rigetto dell’appello perché infondato. Alla udienza pubblica del 27 maggio 2004 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appellante sostanzialmente contesta la correttezza della sentenza impugnata. Pur condividendo in linea di principio la interpretazione relativa alla spettanza della indennità di trasferimento solo per i trasferimenti successivi alla fase di addestramento, e quindi per la non configurabilità di tale diritto in caso di prima assegnazione di sede, l’appellante deduce di avere agito soltanto per il secondo trasferimento, e non anche per il primo, da intendersi assegnazione di sede. La normativa di riferimento (art. 1 L.100/1987) stabilisce che “A decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, trasferito d’autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall’articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n.97, come sostituito dal-l’articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n.27”.
In concreto, ai sensi della normativa richiamata, al personale militare trasferito d’autorità spettano l’in-dennità di missione e gli importi accessori (indennità di prima sistemazione e rimborsi spese) già previsti in favore dei magistrati ordinari trasferiti ad altro ufficio. Questa sezione, al riguardo, ha precisato che i benefici di cui all’art. 1 L.10 marzo 1987 n.100 (“Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare”), non spettano nell’ipotesi di assegnazione della prima sede al personale militare, o equiparato, non potendo detta assegnazione essere equiparata al trasferimento d’auto-rità, neppure nelle ipotesi di assegnazione successiva ad una fase addestrativa. Durante la fase addestrativa l’ufficiale non è titolare di una sede di servizio in senso proprio, con la conseguenza che la destinazione alla sede di impiego al termine del ciclo addestrativo non costituisce trasferimento d’autorità, bensì prima assegnazione di sede (Consiglio di Stato, IV, 2.12.1997, n.1337 e 13.7.1998, n.1083). Il trattamento di missione previsto dall’art. 1 L.100/87 per il personale militare trasferito d’autori-tà prima di avere trascorso quattro anni di permanenza nella sede, presuppone che il servizio istituzionalmente consenta in via ordinaria una permanenza nella medesima sede anche per più di quattro anni; pertanto, la suddetta indennità non può essere riconosciuta nel caso di assegnazione ad una sede di servizio a conclusione del procedimento di addestramento, atteso che quest’ultimo non può mai superare il quadriennio (Consiglio di Stato, IV, 10 novembre 2003, n.7143). Una volta conclusa la fase di addestramento, l’uffi-ciale non è trasferito in senso proprio ma è invece destinato alla prima sede di impiego e non ha dunque titolo a fruire delle provvidenze previste nell’or-dinamento di settore per ristorare il militare dai disagi conseguenti ad un trasferimento disposto d’Autorità prima che egli abbia compiuto un quadriennio nella vecchia sede di servizio. Nella specie, al contrario di come dedotto dall’appel-lante, non si evincono trasferimenti d’autorità, che costituirebbero titolo al preteso trattamento economico. Come si desume dalle relative date trattandosi, quanto al primo trasferimento, di ricomprensione nella fase addestrativa, mentre il secondo è da intendersi di prima assegnazione, i suddetti benefici economici non sono da ritenersi spettanti. Le considerazione che precedono impongono il rigetto dell’appello. Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso proposto nei confronti della sentenza del Tribunale amministrativo per il Lazio, sezione I-bis, n.6471 del 2000, così provvede: rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa”.


Personale militare - Indennità perequativa di cui al d.P.C.M. 3 gennaio 2001 ­Personale che non rivesta almeno il grado di colonnello - Non compete.

Consiglio di Stato, Sezione IV, sent. 5 novembre 2004, n. 7149 (c.c. 13 luglio 2004). Pres. Salvatore, Est. Inastasi, A. C. c. Ministero Difesa.

L’indennità perequativa di cui al d.P.C.M. 3.1.2001, come modificato dal d.P.C.M. 29.5.2001 non compete al personale militare che non riveste grado di colonnello. Infatti, il trattamento economico accessorio del personale dirigenziale non è corrisposto in relazione allo status, ma è collegato al livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione e ai risultati conseguiti nell’attività amministrativa e di gestione. Ne consegue che la norma sancita dall’art. 43, commi 22 e 23, L. 1.4.1981 n. 121 del 1981 nella versione originaria - secondo cui ai funzionari del ruolo dei Commissari ed equiparati della Polizia di Stato che abbiano prestato servizio senza demerito per 15 o 25 anni, è attribuito lo stipendio spettante al primo dirigente o dirigente superiore - e quella corrispondente prevista per gli ufficiali delle FF.AA. dall’art. 5 L. 8.8.1990 n. 231, avendo carattere evidentemente speciale, non possono essere interpretate come meccanismo di rinvio dinamico perpetuo, a eventi futuri ed indeterminati, afferenti a miglioramenti economici di qualsiasi natura, in modo avulso dal peculiare regime giuridico della dirigenza. Tale particolare meccanismo di rinvio si traduce in uno specifico beneficio di categoria non rientrante nella normale progressione economica del personale non dirigente, visto che allorquando la legge ha voluto fare riferimento, per finalità perequative interne (nell’ambito del medesimo settore) ed esterne (fra Corpi di polizia e FF.AA.), non allo stipendio ma al complessivo trattamento economico dei dirigenti dei Corpi di polizia e delle FF.AA., sono state introdotte nell’ordinamento norme espresse (1).

(1) Si legge quanto appresso in sentenza:“Con il ricorso di primo grado … l’appellante - insieme a colleghi tutti aventi grado inferiore a quello di colonnello - ha chiesto l’accertamento del suo diritto a percepire l’indennità perequativa di cui al
D.P.C.M. 3.1.2001, come modificato dal D.P.C.M. 29.5.2001. La sentenza … con la quale il Tribunale ha respinto il ricorso statuendo nel senso che l’indennità non compete al personale militare che non riveste grado di colonnello, è impugnata dall’ interessato, il quale torna a dedurre le censure versate nel ricorso originario, previa opportuna rimodulazione delle stesse in relazione al decisum. Si è costituita l’Amministrazione, insistendo per l’in-fondatezza del gravame. Con memoria depositata in vista dell’Udienza l’ap-pellante ha prospettato l’illegittimità costituzionale della norma -interpretativa dall’art. 19 comma 4 della legge n. 266 del 1999 - contenuta nell’art. 3 della legge finanziaria n. 350 del 2003. L’appello è infondato, avendo al riguardo l’univoca giurisprudenza della Sezione chiarito che l’indenni-tà in controversia compete esclusivamente ai colonnelli e brigadieri generali delle Forze Armate nonché ai gradi corrispondenti delle Forze di polizia (Cfr:. ex multis, IV Sez. 20.10.2003 n.6452). In tal senso la Sezione ha già infatti evidenziato che i Decreti in esame (D.P.C.M. 3 gennaio 2001 e 29 maggio 2001) - dei quali è indiscutibile la natura di atti non regolamentari aventi funzione meramente liquidativa di crediti retributivi - sono stati adottati in puntuale esecuzione della normativa primaria e nel rispetto del principio di copertura finanziaria sancito dall’art. 81 Cost., con esclusivo riferimento al personale che riveste i gradi di colonnello, brigadiere generale ed equiparati. Ed infatti, l’art. 19, comma 4, della L. 28.7.1999, n. 266 e l’art. 19 comma 2 della L. 23.12.1999, n. 488 hanno fissato l’ammontare e la decorrenza dell’in-dennità perequativa, specificando che essa va attribuita ai colonnelli ed ai brigadieri generali delle Forze armate nonché ai gradi ed alle qualifiche cor­rispondenti dei Corpi di polizia ad ordinamento militare e civile, nel rispetto dell’ammontare massimo delle risorse disponibili per il personale dirigenziale non contrattualizzato individuate dalla legge finanziaria per il triennio 2000 - 2002. D’altra parte, che il personale dirigente, militare ed equiparato, goda di un regime di spiccata autonomia rispetto al personale di qualifica diversa quanto all’individuazione del trattamento economico globale ed ai meccanismi perequativi, si evince chiaramente dal tenore letterale degli artt.1 D.L.vo 30.5.2003, n. 193 e 1 DPR 13.6. 2002, n. 163, la cui ratio risulta del tutto coerente col principio ordina-mentale secondo cui “il trattamento economico accessorio del personale dirigenziale non è corrisposto in relazione allo status, ma è collegato al livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione e ai risultati conseguiti nell’attività amministrativa e di gestione“ (cfr. Corte cost., 17 luglio 2001, n. 254); Ne consegue che la norma sancita dall’art. 43, commi 22 e 23, L. 1.4.1981, n. 121 del 1981 nella versione originaria - secondo cui ai funzionari del ruolo dei Commissari ed equiparati della Polizia di Stato che abbiano prestato servizio senza demerito per 15 o 25 anni, è attribuito lo stipendio spettante al primo dirigente o dirigente superiore - e quella corrispondente prevista per gli ufficiali delle FF.AA. dall’art. 5, L. 8.8.1990, n. 231, avendo carattere evidentemente speciale, non possono essere interpretate come meccanismo di rinvio dinamico perpetuo, a eventi futuri ed indeterminati, afferenti a miglioramenti economici di qualsiasi natura, in modo avulso dal peculiare regime giuridico della dirigenza. In effetti, tale particolare meccanismo di rinvio si traduce in uno specifico beneficio di categoria non rientrante nella normale progressione economica del personale non dirigente, visto che allorquando la legge ha voluto fare riferimento, per finalità perequative interne (nell’ambito del medesimo settore) ed esterne (fra Corpi di polizia e FF.AA.), non allo stipendio ma al complessivo trattamento economico dei dirigenti dei Corpi di polizia e delle FF.AA., sono state introdotte nell’ordinamento norme espresse (come si è verificato, successivamente all’adozione dei contestati Decreti, nel caso del completo allineamento previsto dall’art. 1 L. 30.12.2002, n. 295 e decorrente però dal 1 gennaio 2002). Infine, come rilevato dall’Avvocatura, l’indirizzo giurisprudenziale ora richiamato ha di recente ricevuto il decisivo avallo del Legislatore, il quale con l’art. 3 c. 72 secondo periodo della legge 24.12.2003, n. 350 ha così statuito: “L’articolo 19 comma 4 della legge 28 luglio 1999, n. 266, si interpreta nel senso che l’emolumento ivi previsto compete esclusivamente ai colonnelli e ai brigadieri generali delle Forze armate, nonché ai gradi ed alle qualifiche corrispondenti dei Corpi di Polizia e non è computabile ai fini dell’attri-buzione dei trattamenti di cui all’articolo 5 commi 3 e 3 bis della legge 8 agosto 1990, n. 231 ed agli articoli 43, commi sedicesimo, ventiduesimo e ventitreesimo, e 43 ter della legge 1 aprile 1981, n.121”. La questione di costituzionalità - per contrasto con gli artt. 3, 35, 36 e 97 della Costituzione - prospettata dall’appellante in relazione a tale norma interpretativa è manifestamente infondata. Come da tempo chiarito dalla Corte costituzionale, il Legislatore può infatti legittimamente porre norme che precisino retroattivamente il significato di norme preesistenti, ovvero impongano una delle possibili varianti di senso del testo originario, non essendo stato costituzionalizzato il divieto di retroattività salvo che in materia penale (ex multis Corte cost. 4.8.2003, n. 291). Chiarito dunque - secondo l’insegnamento della Corte - che nel caso di specie il problema da affrontare riguarda non tanto la natura interpretativa della legge quanto i limiti che la sua portata retroattiva incontra, deve escludersi, alla luce delle considerazioni sopra svolte in ordine alla assoluta peculiarità della disciplina retributiva del personale dirigente, che la norma possa confliggere col principio di ragionevolezza o con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti. L’appello va quindi respinto, mentre sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese di questo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, respinge l’appello. Compensa fra le parti le spese di questo grado del giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.”


Ufficiali -Avanzamento a scelta ­Giudizio ampiamente discrezionale ­Legittimità. Ufficiali -Avanzamento a scelta ­Motivazione scritta del giudizio ­Sintesi dell’esame collegiale della commissione - Legittimità. Ufficiali -Avanzamento a scelta ­Merito delle valutazioni - Sindacato del giudice amministrativo - Non sussiste. Ufficiali -Avanzamento a scelta ­Possibilità di esame comparativo tra candidati - Non sussiste.

Consiglio di Stato, Sezione IV, sent. 14 dicembre 2004, n. 7957 (c.c.19 ottobre 2004). Pres. Salvatore, Est. Saltelli, Ministero Economia e Finanze c. M. D.

Le valutazioni compiute dalle Commissioni Superiori di Avanzamento in sede di giudizio di avanzamento a scelta degli ufficiali sono caratterizzate da una amplissima discrezionalità, essendo riferite ad ufficiali dotati di ottimi profili di carriera, le cui qualità sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito che non sono la mera risultanza aritmetica dei titoli e dei requisiti degli scrutinandi, ma implicano una complessiva ponderazione delle loro qualità. Dette valutazioni sono caratterizzate da un approfondito esame collegiale delle qualità e delle capacità dei valutandi, di tal che la motivazione scritta rappresenta non già la mera trasposizione di quanto ha costituito oggetto di discussione, ma il momento successivo di sintesi della fase orale (che resta l’attività centrale), attraverso la quale si rende noto l’iter logico - giuridico seguito con le ragioni giuridiche poste a base del punteggio assegnato. Esula dalla giurisdizione amministrativa di legittimità ogni considerazione che attiene al merito delle valutazioni delle Commissioni Superiori di avanzamento, trattandosi di atti di esercizio della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione militare; tuttavia, le predette valutazioni non sfuggono al sindacato giurisdizionale nei limiti in cui emergono elementi sintomatici di qualcuno dei tre vizi di legittimità (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere), che costituiscono notoriamente il limite stesso della discrezionalità, sia amministrativa che tecnica: il sindacato del giudice amministrativo è, quindi, limitato alla verifica della logicità e razionalità dei criteri seguiti in sede di scrutinio per l’avanzamento. Le valutazioni compiute dalle Commissioni Superiori di Avanzamento, inoltre, non sono fondate su di un confronto valutativo tra le qualità e i singoli titoli posseduti dai vari candidati e si compendiano nell’indivisibile rilievo che assumono gli elementi personali e di servizio propri di ogni ufficiale scrutinando, cosicché non è possibile scindere i singoli elementi affermando che uno solo di essi, isolatamente considerato, è di per sé sufficiente a sorreggere il giudizio complessivo: al giudice amministrativo è precluso di procedere all’esame comparativo degli ufficiali valutati dalla Commissione Superiore di Avanzamento, né egli può verificare la specifica congruità del punteggio attribuito e tanto meno egli può procedere ad una propria autonoma valutazione in sostituzione di quella compiuta dall’ammini-strazione, in quanto la discrezionalità tecnica è sindacabile solo in presenza di valutazioni incoerenti o irragionevoli che comportano un vizio della funzione: sono pertanto apprezzabili solo quelle palesi aberrazioni in presenza delle quali il vizio della funzione non può più ritenersi intrinseco alla stessa valutazione di merito (che evidentemente comporta un grado più o meno alto di opinabilità).
Personale militare - Documenti caratteristici - Espressione di discrezionalità tecnica - Sindacato del giudice amministrativo - Limiti. Personale militare - Documenti caratteristici - Divergenza di giudizio nella fase di revisione - Legittimità. Personale militare - Documenti caratteristici - Autonomia dei giudizi nel tempo - Legittimità. Personale militare - Documenti caratteristici - Conoscenza diretta ed immediata del giudicando da parte del revisore - Unico mezzo di valutazione ­Non sussiste.
Consiglio di Stato, Sezione IV, sent. 27 aprile 2004, n. 2559 (c.c. 17 febbraio 2004). Pres. Riccio, Est. Poli, G. R. c. Ministero Difesa.
Nel sistema disegnato dalla l. 5 novembre 1962, n. 1965 e dal d.P.R. 15 giugno 1965, n. 1431 (oggi abrogato e sostituito dal d.P.R. n. 213 del 2002), i giudizi formulati sugli ufficiali, sottufficiali e militari di truppa delle FF.AA. dai superiori gerarchici con le schede valutative, sono caratterizzati da un’altissima discrezionalità tecnica, comportando un attento apprezzamento delle capacità e delle attitudini proprie della vita militare dimostrate in concreto; essi, pertanto, impingendo direttamente nel merito dell’azione amministrativa, sono soggetti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo solo entro i limiti ristretti della manifesta abnormità, discriminatorietà o travisamento dei presupposti di fatto. In sede di compilazione della scheda valutati-va degli ufficiali delle FF.AA. la divergenza di giudizio nella fase della revisione impone, ai sensi dell’art. 6, d.P.R. n. 1431 del 1965 una motivazione specifica solo quando il dissenso dal compilatore cada su voci specifiche, e non anche quando riguardi la qualifica finale, che esprime un autonomo giudizio di valore, come tale insindacabile, salvo che risulti palesemente abnorme o illogico. Le osservazioni periodiche sottese alle schede valutative sono autonome le une dalle altre, si riferiscono a momenti particolari e devono limitarsi a riscontrare il comportamento dell’interessato senza che possano esaminarsi vicende precedenti oggetto di diversi apprezzamenti confluiti in autonome schede o rapporti informativi. Come si evince dalla lettura delle norme primarie e secondarie disciplinanti la materia in questione, nonché dalle istruzioni per la compilazione dei documenti caratteristici dei militari, mentre il compilatore, per poter esprimere il suo giudizio globale deve aver avuto contezza immediata e diretta dell’attività dello scrutinando, così non accade per il giudizio che compete al revisore, dato che in tal caso il sistema normativo imposta il controllo della documentazione caratteristica sulla linea della subordinazione gerarchica, sicché la conoscenza personale e la collaborazione diretta non costituiscono l’unico mezzo per apprezzare il lavoro svolto dal militare.