Materiali per una storia dell'Arma

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Gen. di Brigata Giuseppe Boella

RIVISTA DEI CARABINIERI REALI
Anno I - n. 1 - novembre-dicembre 1934

Servizio e formazioni di guerra dei carabinieri reali

Il regolamento organico per l'Arma, all'art. I sancisce: "I carabinieri reali fanno parte integrante dell'Esercito di cui sono la prima arma con le speciali loro prerogative e in caso di guerra concor-rono, con le altre truppe, alle operazioni militari. Attendono inoltre, presso il R. Esercito, al disimpegno di quei servizi di cui sono più particolarmente incaricati".

Questa sintesi dei compiti devoluti ai carabinieri, mette in chiara evidenza il naturale campo d'azione loro assegnato perchè possano ognora rendersi meritevoli e degni della più alta e ambita sovrana prerogativa concessa alla istituzione, quella cioé di essere considerata la prima arma dell'esercito.

Per assolvere tali compiti l'Arma dovrebbe pertanto costituire, all'atto della mobilitazione:
1) unità che consentano ai carabinieri di prendere parte alle operazioni militari come vera e propria arma combattente (fanteria e cavalleria);
2) reparti adatti per lo speciale servizio da prestare presso le grandi unità.
Se la storia deve insegnare e fornir moniti per l'avvenire, ritengo non possa che riuscire utile soffermarsi su quanto in materia, attraverso il vaglio tremendo della guerra, si é rivelato più o meno idoneo al raggiungimento dei fini prefissi.

Ed é bene, é necessario anzi, che questo esame sia fatto quando le orme tracciate dagli eventi della ultima grande guerra sono ancora ben visibili, quando ancora può giungere vibrante il contributo della esperienza di coloro che della guerra stessa hanno vissuto tutte le vicende e tristi e liete, e che di quella vita possono foggiare una ancora palpitante espressione tangibile in preziosi suggerimenti.
Non é perciò con la ridevole presunzione di erigermi a maestro in uno studio di tanta importanza, che io non mi perito di impostare alcune delle questioni principali, ma perchè sono convinto che basterà un fuggevole accenno a risvegliare, su questa stessa rivista, una eco che non deve assopirsi nel silenzio, ed a provocare da parte di competenze pregevoli un apporto efficace che, attraverso ad eloquente rievocazione di fatti e di opere, guidi e illumini chi ha la responsabilità della soluzione dei problemi inerenti.
Primo argomento: la costituzione di unità che consentano la partecipazione alle operazioni militari.

Non si può certo concepire un ordinamento che non derivi i suoi concetti basilari da due fattori principali: morale, o meglio ideologico l'uno, e materiale, o meglio pratico, l'altro.
Apprestare unità dell'Arma, che nel crogiolo della guerra diano modo ai carabinieri di battersi come fanti assieme ai fanti, o come cavalieri con i cavalieri, portando la gloriosa, vetusta bandiera dell'Arma ai più ardui cimenti di travolgenti assalti o di brillanti cariche, rievocando gesta epiche, da cui l'istituzione ha tratto e trae i più alti titoli di nobiltà, risponde senza dubbio a quanto esprime sentimento e idealità.
Purtroppo però, la praticità oppone a questa idealità, in modo inflessibile, la logica ferrea delle sue esigenze.

L'Italia, é bene ricordare, non abbisogna solo di eroi, ma di vittorie, e in ogni apprestamento bellico non si può quindi astrarre dal criterio direttivo principale: che tutto deve essere subordinato ad un fine unico: il conseguimento della vittoria; e che ogni attività di qualunque ente o istituto facente parte della nazione in armi deve essere sfruttata al massimo per il contributo migliore al raggiungimento di questa meta.
Necessità quindi imprescindibile di tener presente che per l'arma dei carabinieri non si tratta solo di tendersi in uno sforzo massimo per portare il più alto contributo d'azione e di sangue alle contese frontiere, ma bensì di mettersi, o meglio mantenersi in condizioni di poter continuare integralmente in piena, anzi in moltiplicata efficienza l'opera istituzionale nell'interno del paese.

Non si può quindi far a meno di un sommario esame del quadro generale di quello che deve essere in tempo di guerra, e sin dal suo inizio, questa opera.
Se al carabiniere sono normalmente affidate la sicurezza della vita e dei possessi, la tutela della maestà della legge, gli alti beni della nostra libertà e della nostra civiltà, nell'ora sanguinosa e gloriosa della guerra, anche e specialmente, noi vediamo a lui commessa l'integrità dello Stato, la permanenza della sua compagine, il prestigio della sua autorità.
é intuitivo l'ausilio che alla preparazione per la guerra di armi e di armati devono dare i carabinieri, anello di congiunzione tra esercito e paese.

Precettazioni, arruolamenti, chiamate, requisizioni, statistiche, informazioni, tutto il lavoro poderoso in cui l'attività guerresca si esercita chiamando a sè ogni risorsa vitale della nazione per creare un saldo insieme di energie idonee alla offesa e alla difesa e per raggiungere la massima efficienza bellica, si basa moltissimo, direi essenzialmente, sulla cooperazione feconda dei carabinieri.
Vorrei poter dare in breve una visione sintetica del gigantesco lavoro che la mobilitazione richiede gettando sulla bilancia che pesa le forze di un popolo e d'una razza, e ne determina il diritto all'esistenza e al predominio nei secoli, il patrimonio intero delle sue forze, come su di una carta, nel gioco rischioso ed irreparabile che deve creare la storia. Lavoro umile e ignorato, materiato di sublime abnegazione, denso di gravissime responsabilità, destinato a compiersi nell'ombra senza che il sole della gloria mai sorrida a coloro che raccolgono le forze del paese, le mettono in efficienza, le indirizzano ai luoghi di radunata, le portano sino alle frontiere, e oltre le frontiere, sino ai campi di battaglia. é in questo fervore d'opere che l'Arma dei carabinieri deve assolvere il suo ufficio vario e molteplice, trovando nella saldezza organica della sua istituzione gli elementi provvidi per mantenersi all'altezza dell'aspro cimento, senza che alcuna speciale provvidenza debba intervenite per metterla in condizione di fronteggiare la nuova situazione.

Situazione nuova, ma tutt'altro che statica, poichè, compiuta la mobilitazione e scoccata l'ora dell'inizio delle operazioni di guerra, sempre più complesso, con vertiginoso crescendo, si presenta il servizio dei carabinieri nel paese. (Voglia, chi legge, non vedere in queste parole un amplificatore sfogo retorico, ma unicamente l'espressione di ricordi vivi alla memoria di chi, della guerra, ha vissuto tutte le ore più difficili, e ne conosce tutta l'ansia, l'entusiasmo, la trepidazione e il tormento).
Mentre deve continuare, indefessa, l'azione per la tutela delle vite e dei possessi, per l'osservanza della legge, per la protezione delle ferrovie, dei ponti, delle strade, degli stabilimenti, delle opere d'arte, per la difesa contraerea, per la raccolta di vettovaglie, automezzi e quadrupedi, l'Arma é chiamata ad impegnarsi a fondo per stanare dai comodi rifugi gli imboscati, per fronteggiare la purtroppo sempre incombente in ogni guerra piaga della diserzione, perseguendo inflessibile gli ignobili che, sottraendosi al più impellente e santo dovere, potrebbero infestare città, borghi e campagne abbandonandosi a odiosi e turpi reati contro le persone e la proprietà e deprimere lo spirito pubblico con la colpevole diffusione di esagerate notizie, di menzognere affermazioni, di stupide invenzioni.

La guerra importa anche un'austera politica annonaria. Dura necessità che apre un nuovo laborioso campo all'operosità, alla rigida inflessibilità dei carabinieri, dai quali si deve pretendere la completa osservanza di tutti quei provvedimenti e di quelle restrizioni, che valgono ad assicurare la vita materiale, economica del paese, e il libero e continuato svolgimento di tutte le attività interne, indispensabili ad evitare carestie e a sostenere la massa di armati alla fronte.
Né meno vigile e pronta deve essere l'azione dei carabinieri per imporre alle popolazioni l'osservanza delle più rigorose misure di profilassi e di igiene, intese a prevenire i flagelli delle epidemie e delle pestilenze, che sempre, in ogni tempo (l'abbiamo provato nell'ultima guerra) sono i tristi compagni d'ogni vicenda bellica.

Non basta. Al nemico che sovrasta alla frontiera, un altro non meno pericoloso può aggiungersene ed insinuarsi, palese o nascosto, all'interno: il disfattismo. I denigratori dell'esercito e del Popolo, i mercanti dell'onore italiano, gli assalitori della resistenza morale e materiale, gli spregevoli apostoli della vigliaccheria, obbedienti talora anche ai nemici esterni, possono tentare di spezzare la concordia nazionale suscitando la sfiducia specialmente tra quelle classi sociali sulle quali più grava il disagio della guerra, vibrando alle spalle della Patria il pugnale del tradimento. Ecco i carabinieri chiamati a tutelare la resistenza interna, a ricercare gli sciagurati sabotatori della guerra, a colpire i traditori, a perseguire i pusillanimi e i pavidi, a trasfondere nelle popolazioni la cosciente e serena calma con cui i governanti, uniti in intimo accordo con l'anima fiera e forte del popolo, dovranno guidare la Patria alla méta sublime.

Troppo lontano mi porterebbe questa enumerazione di compiti se la volessi rendere completa; ma pur arrestandomi a così brevi cenni, ritengo che alla chiarificazione del quesito che mi sono proposto, sia sufficiente questo rapido abbozzo del quadro generale delle attività che nell'interno del paese, in caso di guerra, non possono subire arresti, ma devono intensificarsi sino all'estremo di ogni possibilità.
Sufficiente, perchè mette già in tutta evidenza la inesorabile necessità di contemperare le esigenze del servizio alla fronte, con quelle del servizio all'interno. Necessità che si potrebbe così riassumere: dare alle operazioni di guerra il contributo massimo possibile, che assicuri in modo assolutamente completo, vorrei dire perfetto, quanto dai carabinieri si richiede, pur garantendo però sempre l'integrità e la efficienza del servizio in paese. Concretando in numero di uomini la portata di questo contributo si potrebbe così concludere: alla fronte il numero massimo di uomini necessari per il servizio presso le truppe ma non uno di più dell'indispensabile.

Dico non uno di più perchè la facilmente prevedibile situazione della forza, non consentirà affatto di largheggiare, ma imporrà in materia limiti e restrizioni assillanti.
Tali limiti e restrizioni già si imposero per l'addietro e senza dubbio si imporranno anche per l'avvenire.
Un progetto di antica data, ma in vigore sin quasi alla vigilia della grande guerra prevedeva la costituzione da parte dei carabinieri di un'unità di forza assai cospicua: si riconobbe però tempestivamente la impossibilità per l'Arma di poter dar vita e mantenere efficiente un'unità simile e il progetto venne limitato alla costituzione di un reggimento su tre battaglioni e di un gruppo su due squadroni. Ma alla prova dei fatti, anche un solo reggimento apparve sforzo superiore alla reale possibilità organica.
Ho detto dar vita e mantenere efficiente alla fronte, poichè, per una unità da impegnare come fanteria e cavalleria, non si può certo limitare la previsione al fabbisogno per la formazione dei reparti, ma occorre calcolare con molta larghezza la misura dei rifornimenti d'uomini.

Per dare una fuggevole idea di quale possa essere, nella micidialità di una guerra moderna, la misura di questi rifornimenti, ricorro alla eloquenza delle cifre che fornisce la storia recente della brigata "c Granatieri di Sardegna "c. Prendo ad esempio la gloriosissima brigata, che lo stesso nemico classificò una delle migliori, perchè non é certo per presunzione od esagerato spirito di corpo che io penso che una unità di carabinieri, destinata unicamente ad operazioni militari, non potrebbe in ogni caso - noblesse oblige - vedere limitato il suo intervento in azioni di secondo piano. Ciò del resto fu riconosciuto giusto allorchè nei primi giorni di guerra il reggimento carabinieri fu impiegato contro una delle posizioni più formidabili.

Orbene la brigata granatieri durante l'intera campagna della guerra italo-austriaca contò le seguenti perdite fra morti o feriti:

Ufficiali n. 739
Sottufficiali e granatieri n. 20.211
Totale morti e feriti n. 20.950

Questi dati forniti dall'ufficio storico dello S. M. (Storia delle brigate di fanteria) non riassumono certamente l'intero quantitativo di complementi che fu necessario far giungere ai due reggimenti durante la guerra per colmare, oltre alle perdite in morti e feriti, altresì tutti i vuoti prodottisi per altre inevitabili cause (malattie, di-spersioni, ecc., ecc.). Infatti il compianto generale Pennella calcola questo quantitativo in 75.000 uomini circa, e cioé 69.000 uomini per tenere sempre efficiente una unità di 6.000.
Di fronte a cifre così imponenti e impressionanti é facile convincersi come l'Arma dei carabinieri - a prescindere dalla materiale impossibilità di un tempestivo efficace addestramento in relazione al nuovo armamento delle fanterie - non possa provvedere ad un fabbisogno simile o anche sensibilmente ridotto, se si tiene presente:
a) l'organico dell'Arma, che é di 1000 ufficiali circa e 50.000 tra sottufficiali e militari (cifra quest'ultima tenuta sempre al disotto della pari di alcune migliaia di uomini);
b) il contingente che deve essere mobilitato per le imprescindibili esigenze del servizio di polizia militare. (Non é qui il caso di far cifre, ma é intuitivo a quale somma di ufficiali, sottufficiali e truppa possa giungere questo contingente);
c) la necessità di provvedere durante la campagna al completamento del contingente di cui alla lettera precedente;
d) l'opportunità di tener pure sottomano un adeguato contingente per far fronte ad esigenze che immancabilmente sorgeranno dopo l'inizio della campagna, quali la formazione di comandi per le terre occupate, l'assegnazione di carabinieri a campi di concentramento di prigionieri, la scorta di tradotte, ecc.;
e) lo scarso gettito delle classi in congedo dalle quali si potrà trarre un numero di richiamati appena sufficiente per colmare presso le stazioni i vuoti lasciati dai carabinieri mobilitati e per assicurare il servizio di protezione delle ferrovie e la difesa costiera;
f) la sopra dimostrata necessità di non rendere deserte le stazioni e di garantirne la piena efficienza del servizio d'istituto nell'interno del paese;
g) la assoluta necessità infine di mantenere l'istituzione in efficienza per tutelare l'ordine pubblico nell'inevitabile periodo di assestamento che succede allo sconvolgimento della guerra.

Fu invero per questi motivi, ai quali si aggiunse la sempre aumentata e pressante richiesta di carabinieri da parte dei comandi di grande unità, che, nell'ultima guerra, dopo poco più di tre mesi di campagna il comando supremo, riconosciuta la impossibilità di mantenere come unità combattente il reggimento carabinieri (che in sì breve periodo aveva già avuto 144 morti e 647 feriti, un totale cioé di 796 perdite su circa 1.800 uomini costituenti, ab initio, il reggimento, trattenne un battaglione - come già aveva fatto del gruppo squadroni per i servizi del gran quartiere generale, e assegnò gli altri due alle armate per il servizio di polizia militare.

Tenuto conto di tale precedente é logico presumere che una nuova guerra non potrà vedere la formazione di vere e proprie unità combattenti costituite dall'Arma.
Ben si comprende come questa rinuncia possa riuscire dolorosa al generoso cuore di soldato che palpita in ogni carabiniere; ma é facile il conforto se si tien mente che anche negli altri campi in cui il carabiniere in guerra deve agire, non meno importante riesce l'opera sua, e preziosa per la riuscita delle operazioni delle armi sorelle. D'altra parte, qualunque sia l'impiego, frequentemente gli si potrà presentare - come in ogni guerra passata e specie nell'ultima -l'occasione di unire il suo ardimento a quello degli altri compagni d'arme, e di dividere con loro, siano essi fanti, cavalieri od artiglieri, l'onore di cadere per il Re e per la Patria.

Non si combatte solo con le armi, ma anche con la disciplina e ben chiaramente lo afferma il nostro vecchio regolamento sul servizio in guerra là dove dice che la bontà degli ordinamenti, l'efficacia delle armi e tutti gli altri potenti fattori di forza dell'esercito non valgono a farne un perfetto strumento di guerra ove non siano accompagnati da una salda disciplina.
Strumenti preziosi per il mantenimento di questa salda disciplina devono essere precisamente i carabinieri, così come afferma lo stesso citato regolamento, che, dopo enumerati gli scopi delle misure di polizia in guerra, primo tra i quali quello "cdi far osservare dai militari le leggi, i regolamenti e le prescrizioni speciali emanate dai comandi per il buon andamento nelle stazioni, nelle marce, e durante il combattimento", aggiunge: "c tali compiti, che non possono essere assolti senza profondo sentimento del dovere, infaticabile attività, indomita energia, acume e tatto non comuni, sono in massima affidati ai carabinieri reali, i quali costituiscono perciò in ogni circostanza ausiliari importantissimi dei comandi di grandi unità, per il mantenimento della disciplina e per il buon successo delle operazioni".
Parole di cui ogni carabiniere può andare giustamente fiero e orgoglioso, ma delle quali egli deve pure sentire l'alto monito e l'incitamento a prodigarsi con una abnegazione che può avere per limite solo l'olocausto di se stesso.
Così circoscritto il campo d'azione, é da esaminare quali possano essere l'ordinamento e le formazioni più idonee alla migliore esecuzione di questi compiti di polizia militare, in stazione e durante il combattimento.
Nella guerra moderna, che esprime l'urto di nazioni armate, con ingenti perdite dovute ad armi sempre più micidiali, la polizia militare assurge ad importanza sempre maggiore ed occorre che per tutta la zona d'operazioni agisca agli ordini diretti del comandante supremo, così come in pace agisce agli ordini diretti del Governo. Sorge quindi la necessità che presso il comando supremo alla diretta dipendenza del capo dell'esercito, sia costituito il comando superiore dei carabinieri, retto da ufficiale dell'arma di grado elevato, designato a dirigere il servizio di polizia per tutta la zona occupata dalle truppe operanti.
Questo accenno alla necessità dell'istituzione di un comando superiore dei carabinieri non apparirà superflua per chi ricorderà come, nei primi anni della passata guerra, la mancanza di un simile comando (che cessò di funzionare dopo i primi mesi) fu assai sentita, e molto nocque sotto vari riflessi, che é qui inutile enumerare, tanto che sul finire della campagna venne finalmente chiamato presso il comando supremo un ufficiale generale dei carabinieri.
Costituito questo comando, col suo razionale funzionamento e col non meno razionale funzionamento dei comandi carabinieri d'armata, di corpo d'armata e di divisione, affidati a ufficiali provetti e di provata competenza in ogni compito di polizia militare, sarà possibile assicurare con unità di intenti e con perfetta tecnica, lo speciale servizio e garantirne la rapida e mai slegata esecuzione, conformemente agli intendimenti del comandante supremo. Ciò del resto é nello spirito (non sempre nell'ultima guerra da tutti perfettamente compreso) del vecchio citato regolamento sul servizio in guerra laddove prevede "cper le speciali incombenze dell'arma e le istruzioni relative" una catena di dipendenze che va dall'ufficiale subalterno comandante di sezione presso ogni grande unità ai comandi dell'Arma presso le grandi unità superiori.
Così sintetizzati quelli che dovrebbero essere gli organi direttivi, sono da prendere in esame gli organi esecutivi.

Astraendo da altre eventuali formazioni - sempre costituite a scopi di polizia militare anche se rispondenti a nominativi di formazioni tattiche (battaglioni, compagnie, squadroni, plotoni) - credo non vi sia dubbio che la formazione che più si presta al servizio carabinieri in guerra sia pur sempre la sezione, della forza dai 50 ai 60 uomini, comandata da un ufficiale subalterno.
Formazione elastica, leggera, facilmente scomponibile, suscettibile di specializzazione d'arma e di differenti impieghi di carabinieri, la quale, se ha dato buona prova nelle passate guerre di movimento, e nelle operazioni belliche coloniali, ha superato pure la prova più ardua della lunga guerra di trincea nell'ultimo conflitto mondiale.
Tuttavia questa formazione, se può essere mantenuta nelle sue linee basilari, non potrà non subire le modificazioni conseguenti alle esigenze della guerra odierna.

Riferendomi unicamente alle cosiddette sezioni miste che costituiranno indubbiamente il cospicuo nerbo delle formazioni elementari carabinieri in guerra (tralasciando quindi di prendere in esame le sezioni per grandi unità celeri e grandi unità alpine, per le quali é intuitivo quale debba essere la specializzazione dei reparti carabinieri) ritengo che se dovranno permanere adeguate aliquote di carabinieri a piedi e di carabinieri ciclisti, non si potrà fare a meno ormai di diminuire l'aliquota, un tempo prevista, di carabinieri a cavallo.

Diminuire, ma non sopprimere. Qualunque possa essere lo spirito informatore di nuove guerre sono profondamente convinto che non si possa rinunciare completamente ai carabinieri a cavallo, sia per la utilità d'impiego su ogni terreno, sia per la maggiore autorità e prestigio che ha il carabiniere montato fra le truppe ed anche sulle popolazioni, sia per l'economia di personale che l'impiego dei carabinieri a cavallo rende possibile per la vastità della zona che essi possono agevolmente vigilare, fuori delle ordinarie vie di comunicazione a cui é invece legato il carabiniere in bicicletta o in motocicletta.
Nella passata guerra, tranne poche eccezioni, i carabinieri a cavallo hanno avuto largo e fattivo impiego. Durante i movimenti in ritirata, fu possibile con tale mezzo ai comandi di corpo d'armata mantenere il collegamento con le divisioni dipendenti impegnate in combattimenti di retroguardia, e nelle lunghe marce di spostamento delle brigate di fanteria, allorchè il servizio di polizia militare era più specialmente richiesto da ragioni contingenti, i carabinieri a cavallo erano quelli che trovavano più favorevole ed utile impiego.

Anche in altri periodi si poterono ottenere efficacissimi risultati impiegando i carabinieri a cavallo per la vigilanza lungo le strade, fin quasi nelle prime linee, per le scorte a ufficiali generali e superiori in ricognizione su linee di difficile accesso per gli automezzi, per la traduzione di prigionieri, sgombero di profughi, scorte di lunghe colonne e di convogli a trazione animale, accompagnamento di soldati sbandati, perlustrazioni sulle vie di rifornimento e sgombero ecc. ecc., tutti servizi che in caso di intemperie, interruzioni di strade, zone impervie, non era possibile effettuare con altri mezzi.
Appare perciò evidente la necessità che, almeno l'ufficiale subalterno comandante, un sottufficiale e un paio di carabinieri per sezione siano montati.

Se perciò alcuni carabinieri dovranno abbandonare il loro vecchio compagno d'arme, il cavallo, ciò dovrebbe avvenire unicamente per essere forniti di mezzi a trazione meccanica dei quali nessuna polizia, nè in pace, nè in guerra, può ormai fare a meno.
Tutte le gendarmerie dei principali stati (inglese, americana, tedesca) hanno da tempo motorizzato le loro forze, ed anche la Francia si é messa sulla medesima via. Avranno perciò in caso di guerra un perfetto servizio di polizia motorizzato, e non v'é ragione perchè anche da noi non si debba fare altrettanto.
Considerato che le motociclette, in un reparto destinato ad operazioni di polizia militare, consentono la massima rapidità di controllo e la massima rapidità di scaglionamento di forze e che gli autocarri, attrezzati per il trasporto di uomini, consentono quasi fulminei concentramenti di forze di polizia ovunque se ne manifesti il bisogno, rapidi sgombri di popolazioni civili, convenienti trasporti di prigionieri, ecc. ecc., non é chi non veda la necessità che ogni sezione possa disporre di almeno tre o quattro motociclette e di almeno un autocarro leggero. Tutto ciò oltre alla vetturetta automobile di cui l'ufficiale subalterno é ormai già in possesso sin dal tempo di pace e che dovrebbe seguirlo presso le truppe mobilitate.

Una sezione così composta potrebbe certamente garantire un servizio di polizia militare completo, con inestimabile rendimento.
E poichè sono sull'argomento dell'impiego delle sezioni, sarei d'avviso si debba il più possibile evitare quello che nell'ultima guerra si é verificato su larga scala, e cioé di distaccare uomini per fornire di piccoli nuclei di carabinieri i comandi di brigata e di reggimento di fanteria, ai quali, per altro, possono spesso essere necessari per il servizio di guida, portaordini e di scorta. Comunque, detti carabinieri dovrebbero essere vigilati dagli ufficiali dell'Arma addetti alle grandi unità e ciò ad evitare che - come si é spesso verificato - si cada in abusi nel loro impiego, e che nella vita troppo in comune con le truppe, essi vengano a perdere la caratteristica del carabiniere, a scapito del loro speciale servizio. Rimarrebbe ora da esaminare quali precisamente debbano essere le modalità dei vari servizi di polizia militare in relazione ai compiti che nell'esercizio della polizia stessa sono affidati ai carabinieri.

Queste modalità e compiti hanno sin qui trovata la loro precisazione nel regolamento sul servizio in guerra parte II, regolamento che certamente non tarderà (come é avvenuto per tanti altri regolamenti dell'anteguerra) ad essere modificato con norme più consone alla evoluzione dei tempi.
Ho già detto sopra come il servizio di polizia militare debba essere in ogni circostanza materiato dalla più grande consapevolezza dei fini da conseguire, dalla più grande abnegazione, dal sacrificio e, quando occorra, dall'olocausto posto come limite all'attività dei carabinieri in guerra. Aggiungo che fattore principale della massima efficienza del servizio stesso é indubbiamente il grande prestigio che il carabiniere deve godere tra le truppe: prestigio che deve essere, ad ogni costo, acquistato e mantenuto sin dal tempo di pace.

I contadini, gli operai, i giovani della borghesia chiamati in massa alle armi nell'ora del supremo cimento, dovranno riconoscere in questo soldato del dovere, diventato loro camerata, la vigile scolta dei loro cari, l'inflessibile tutore dei loro beni e della libertà, colui che sin da fanciulli hanno imparato ad apprezzare, ad ammirare e ad amare per la infaticabile e impeccabile opera a vantaggio altrui, per la mai smentita fedeltà alle istituzioni, per il tradizionale attaccamento alla Dinastia ed alle sorti della Patria.