10. La repressione "diretta" della Corte: arresto e consegna. Il sistema sanzionatorio

La Parte IX, Art. 86 e s. dello Statuto disciplina le “richieste di arresto e di consegna” nonché le richieste di “fermo” quando ricorrano casi di emergenza in attesa della formalizzazione documentale dei provvedimenti di arresto e consegna. A proposito della disciplina dell’arresto e consegna dell’imputato, deve evidenziarsi che si tratta del punto significativo su cui si è costruita la “repressione diretta” del sistema giudiziario delineato dalla Corte in luogo della consueta cooperazione interstatale basata sull’estradizione. Come rileva Ida Caracciolo(225), nel corso dei lavori preparatori erano emerse posizioni che rimarcavano la tesi di non limitare i meccanismi esistenti di estradizione, alla luce dell’affermato principio di giurisdizione complementare della Corte rispetto alle giurisdizioni nazionali. Pertanto l’A. opportunamente osserva: «…il testo dello Statuto adottato a Roma rappresenta un buon risultato, poiché superando gli ostacoli sopra indicati, ha preferito la nozione di consegna (surrender o remise), che sottolinea il carattere specifico che assume la collaborazione degli Stati con la Corte penale e che, da un punto di vista più strettamente terminologico, rende meglio il duplice concetto di rinuncia, ossia rinuncia dello Stato al controllo sull’imputato ed all’eventuale esercizio sulla potestà punitiva, e di custodia, ossia di affidamento alla Corte, anche se la stessa dovrà appoggiarsi ai luoghi e ai custodi messi a disposizione dagli Stati. L’alterità della consegna dell’imputato alla Corte rispetto all’estradizione è dunque chiaramente sancita dallo Statuto, al fine di eliminare qualsiasi equivoco, all’art.102, a chiusura della parte sulla cooperazione e sull’assistenza giudiziaria; in tal modo si qualificano ulteriormente il rapporto tra Stati e Corte penale e la differenza tra la cooperazione con quest’ultima rispetto alla cooperazione interstatale in materia penale. L’utilizzazione di un termine diverso da quello di estradizione non è un mero espediente formale, ma corrisponde al ruolo che ricopre la Corte penale internazionale nella repressione “diretta” dei crimini internazionali dell’individuo ed alle particolarità che viene ad assumere la collaborazione degli Stati con la stessa rispetto alla loro reciproca collaborazione...»; e, ancora più incisivamente: «…la repressione dei crimini internazionali dell’individuo viene esercitata non più uti singuli bensì uti universi. Ne consegue che i meccanismi di difesa delle peculiarità dei singoli ordinamenti giuridici non sono necessari nella collaborazione con la Corte che esercita la giurisdizione ad un livello sovraordinato agli Stati, nell’interesse diretto della Comunità internazionale. Per tale ragione dunque l’obbligo gravante sullo Stato rispetto alla Corte è quello di consegnare l’imputato e non di estradarlo, e, soprattutto, non ha ragion d’essere nessuno di quei limiti all’estradizione che la prassi interna e convenzionale degli Stati ha sviluppato a tutela dei propri cittadini e dei propri principi giuridici basilari»(226).

Quanto alle ulteriori previsioni dello Statuto sul sistema sanzionatorio, si ricorderà che se il processo si conclude con l’accertamento della colpevolezza, la Corte può pronunciare una condanna che prevede la reclusione non superiore nel massimo a 30 anni, oppure l’ergastolo, se giustificato dalla estrema gravità del crimine e dalla situazione personale del condannato (Art.77). In ogni caso è esclusa la pena di morte. Sono previste anche pene accessorie, quali l’ammenda e la confisca di profitti, beni ed averi ricavati direttamente o indirettamente dal crimine commesso. Dal periodo di reclusione è sottratto il periodo di detenzione preventiva eventualmente già scontato. Il ricavato delle sanzioni pecuniarie e delle confische potrà alimentare un fondo di garanzia costituito per le vittime dei reati di competenza della Corte e per le loro famiglie.
Contro le sentenza di primo grado è possibile promuovere un’impugnazione ordinaria, l’appello, ed una straordinaria, la revisione.
Per l’ appello, Procuratore e imputato possono promuovere il rimedio per errore di procedura, errore di fatto ed errore di diritto, nonché per mancanza di proporzionalità fra la pena ed il fatto reato addebitato. Il condannato può altresì esperire appello per ogni altro motivo ritenuto tale da compromettere l’equità o la regolarità della procedura o della decisione.

Per la revisione, l’iniziativa può avvenire ad opera del Procuratore e del condannato, o, nel caso in cui questo sia deceduto, anche da parte del coniuge, dei figli, o di altra persona dallo stesso espressamente designata. Occorre comunque che ricorrano una delle seguenti condizioni: l’esistenza di un fatto nuovo, non conosciuto al momento del processo per motivi imputabili al ricorrente e tale da poter comportare una differente pronuncia della Corte; la scoperta di una falsità, contraffazione o falsificazione di un elemento probatorio decisivo; l’acquisizione della prova che uno o più giudici hanno commesso un errore o un inadempimento di gravità tale da comportare l’applicazione di misure disciplinari. Come extrema tutela, l’Art. 85 prevede infine la possibilità di risarcimento per l’ingiusta detenzione subita.
La reclusione è scontata in uno Stato designato dalla Corte, sulla base di un elenco degli Stati che hanno dichiarato la loro disponibilità ad assicurare le misure di restrizione nei confronti dei condannati. Sebbene non siano indicate specifiche responsabilità sulle misure di “sorveglianza” - almeno secondo la configurazione corrente degli ordinamenti penitenziari nazionali - è opinione comune che la Corte assumerà comunque anche le funzioni di controllo dell’esecuzione della pena.


(225) - I. Caracciolo, Dal Diritto Internazionale Penale al Diritto Internazionale Penale, cit.; v. in particolare L’obbligo di cooperazione e assistenza giudiziaria con la Corte penale internazionale: a) il suo fondamento giuridico b) i suoi contenuti: arresto e consegna dell’imputato, p.332 ss.
(226) - Caracciolo,op. cit. pp. 333-334. Quanto alla disciplina dell’arresto, che l’A. ritiene configurata in modo meno “felice”, è trattata in Parte V su Indagini e procedimento e Parte IX Cooperazione internazionale e assistenza giudiziaria; nella prima, in linea generale, si disciplina il mandato d’arresto, che comprende tre tipologie: quello prima dell’imputazione, quello dopo l’imputazione e quello dopo la condanna; ad essi si affianca il provvedimento di fermo o arresto cautelare, in casi di urgenza.