Freddo e neve spesso fanno rima con buon vino e cibo della tradizione, confortati dal piacevole tepore di un camino. Se poi la stagione autunno-inverno a tavola rivive sullo sfondo di montagne spettacolari, ecco che la Valle d’Aosta diventa la meta ideale per riposarsi e rigenerarsi tra comfort food ed emozioni.
È qui ad esempio che si produce il Valle d’Aosta Lard d’Arnad, l’unico lardo d’Europa certificato DOP dal 1996, ormai conosciuto in tutto il mondo. Un prodotto di salumeria - ottenuto dal lardo della spalla e del dorso di suini di almeno nove mesi di età, di peso non inferiore ai 160 kg, alimentati solo con castagne e ortaggi, quindi senza mangimi integrati – che secondo la tradizione locale è perfetto da gustare con il tipico pan dür (pane scuro valdostano) o comunque abbinato ad un calice di Valle d’Aosta DOC Rosso, in questo caso a base di uve Petit Rouge. Per il suo sapore vellutato e mediamente corposo, infatti, questo vino si sposa bene con tutto, dalle zuppe alle carni, salumi compresi, tanto da arricchire i pasti di generazioni di valdostani. Il Valle d’Aosta o
Vallée d’Aoste Doc Petit Rouge è considerato non a caso un vino tradizionale, frutto di questo storico vitigno che, oltre a rappresentare l’autoctono per eccellenza (è conosciuto dai viticoltori locali con il nome in dialetto Pitchou Rodzo), è anche il più coltivato della regione. La zona di produzione si estende da Saint-Vincent ad Avise, lungo la valle della Dora Baltea, ad altezze “eroiche” che sfiorano gli 800 metri slm, ma è soprattutto nelle aree di Torrette ed Enfer d’Arvier che esprime al meglio le sue caratteristiche, dando vita a vini dal colore rosso rubino vivo e dal profumo caratteristico di rosa selvatica.
Di colore bianco con il cuore normalmente rosato chiaro senza venature è invece il Valle d’Aosta Lard d’Arnad DOP, prodotto esclusivamente nel territorio di Arnad, piccolo comune della Bassa Valle, ma ricavato da maiali nati, allevati e macellati in 5 regioni (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna). Dal sapore delicato e profumato, grazie alle spezie usate nella fase di stagionatura (rosmarino, salvia, alloro e talvolta altre non macinate), questo prodotto d’eccellenza è utilizzato da sempre come condimento, ad esempio nella preparazione di piatti tradizionali a base di polenta e selvaggina, ma non è da meno se presentato come antipasto o declinato in chiave gourmet con prugne e gamberetti oppure semplicemente accompagnato da pane nero e miele. La sua lavorazione, risalente già al 1570, prevede una stagionatura di almeno tre mesi all’interno dei doils (contenitori in legno autoctono di castagno, rovere o larice): viene prima tagliato a pezzi, ricoperto di aromi e sale e infine coperto di nuovo da un composto di acqua e sale cristallizzato per saturare tutto il contenuto. Raggiunta la giusta maturazione, il lardo viene confezionato sottovuoto oppure in recipienti di vetro, secondo le tecniche della fine del 1700.
Altrettanto antiche, infine, le origini del Petit Rouge, risalenti addirittura all’epoca dell’antica Roma. Ma fu lo studioso Lorenzo Gatta a indicarlo per primo come una delle varietà più diffuse a metà dell’Ottocento.
In collaborazione con Confederazione Nazionale dei Consorzi Volontari per la Tutela delle Denominazioni dei Vini italiani (FEDERDOC) e oriGIn Italia – Aicig – Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche.