Prof. Francesco Zaccaria


1. Il quadro di riferimento: finanza pubblica, spesa per la difesa, obiettivi strategici

Le decisioni di intervento e la conduzione operativa di ogni tipo di intervento militare per lo Stato italiano devono fare i conti con la relativa carenza di stanziamenti che si è verificata nella finanza pubblica italiana da alcuni anni ad oggi. In altri tempi le spese militari sono state un fattore trainante dell’espansione delle spese pubbliche negli stati moderni e contemporanei. In alcuni decenni, e soprattutto in periodi di conflitto o di preparazione ai conflitti, le spese militari costituivano una quota assai elevata della pubblica spesa complessiva ed un flusso assi rilevante di risorse finanziarie era destinato all’acquisto di apparecchiature di guerra, alle tecnologie militari ed ai relativi supporti, all’acquisto di munizionamenti e di altre riserve. La quota della spesa militare sul totale della spesa nel bilancio statale costituiva espressione delle politiche militari dello Stato ed in genere dell’atteggiamento dello Stato stesso sul piano internazionale. La spesa militare costituisce, così, uno strumento fondamentale per il conseguimento degli obiettivi strategici dello Stato.

Si sono, così, registrati nei secoli XVIII e XIX, fortissimi incrementi della spesa per la difesa. Spesa che copriva anche il 15-20 per cento della spesa pubblica complessiva. Nella più antica teoria di scienza delle finanze l’incremento della spesa militare è stato considerato come una delle cause fondamentali dell’espansione della spesa pubblica nel secolo XIX e nella prima parte del ’900. Non è questa la situazione nella seconda parte del secolo scorso e all’inizio del secolo XXI. La spesa dello Stato ha subito profonde trasformazioni, nel senso che si è fortemente accresciuto il valore relativo degli interventi di governo dell’economia e della società attraverso amministrazioni pubbliche sempre più articolate e costose. Le voci di spesa di maggior peso delle pubbliche amministrazioni sono quelle della spesa per le retribuzioni di personale civile, della spesa per gli interventi nel campo dell’economia e della spesa per interventi in campo sociale. La spesa sociale ormai rappresenta mediamente, nei paesi europei, un ammontare pari al 25 per cento circa del prodotto interno lordo (PIL).

Inoltre in alcuni stati, caratterizzati da elevati livelli di debito pubblico, si sono registrati anche consistenti oneri per il servizio del debito pubblico, consistente nelle spese per interessi ed in quelle per il rimborso. Fra questi ultimi va annoverata l’Italia. Dal 1992 ad oggi, inoltre, è in atto un intervento strategico di politica pubblica tendente a ridurre il saldo di bilancio delle amministrazioni pubbliche ai sensi del trattato di Maastricht. Questa normativa internazionale, infatti, ha subordinato l’ingresso degli stati europei nel sistema di moneta unica al conseguimento di un saldo dell’aggregato amministrazioni pubbliche inferiore al 3 per cento del PIL di ciascuno stato. Nel nostro paese la politica seguita dal Governo e dal Parlamento ha comportato anche un’azione di contenimento della spesa. Poiché il contenimento non ha potuto essere facilmente applicato alle spese maggiormente rigide (alcuni 100 interventi di carattere sociale, le spese per interessi e gli oneri per il numerosissimo personale civile), è stato necessario attuare alcune riduzioni delle spese ritenute più manovrabili e fra queste quelle di carattere militare. Si spiega, quindi, che le spese stanziate nel bilancio della difesa abbiano subito una progressiva riduzione negli ultimi decenni. Si passa, infatti dall’1,92 per cento del PIL del 1989 a valori intorno all’1,75 del PIL negli anni successivi, fino al punto più basso dell’1,45 del 1999 e 1,47-48 del triennio 2000-2002, mentre si registra un leggero incremento per il 2003 fino all’1,50 per cento del PIL.

Si tratta di stanziamenti assai limitati, soprattutto se riferiti alle esigenze di un moderno stato impegnato in azioni di intervento per la difesa della pace e della sicurezza internazionale. L’inadeguatezza delle spese per la difesa emerge anche da confronti internazionali.

Nella fig. 1, ad esempio, sono confrontati gli stanziamenti di spesa pro-capite per le Forze armate nei principali paesi europei e si può agevolmente notare che la disponibilità pro-capite delle risorse per gli apparati delle Forze armate è, in Italia, notevolmente inferiore a quelle di altri stati nostri partners europei.

Immagine raffigurante la tabella delle spese pro-capite per le Forze Armate nei principali Paesi Europei (anni 1999-2001).


2. Caratteri e struttura della spesa militare nel sistema del bilancio dello Stato italiano

La spesa pubblica destinata alle Forze armate è stanziata nello stato di previsione del Ministero della Difesa. Ai fini di previsioni di bilancio, le spese militari sono articolate in quattro funzioni: - Funzione Difesa (che comprende le spese destinate alle tre Forze armate costituite dall’esercito, dalla Marina e dell’Aeronautica); - Funzione Sicurezza pubblica (che comprende gli stanziamenti destinati alla Forza armata costituita dall’Arma dei Carabinieri); - funzioni esterne (che raccolgono le spese per attività non specificamente militari, ma affidate alle Forze armate per motivi di connessione operativa con la difesa dello Stato); - funzione pensioni provvisorie (attinenti al trattamento provvisorio di quiescenza del personale in posizione di ausiliaria). Una fondamentale suddivisione che viene utilizzata nelle relazioni elaborate dal Ministero della Difesa è quella fra spese vincolate a leggi e spese vincolate a programmi. Le prime sono quelle con stanziamenti predeterminati in via normativa, in modo tale che gli organi decidenti le grandezze di bilancio sono obbligati ad attenersi ai valori prefissati dalla legge; sono, invece, definiti vincolati a programmi quegli oneri che le autorità di iniziativa e di decisione del bilancio possono manovrare attraverso gli atti di programmazione articolati anno per anno.

La spesa militare amministrata dal Ministero della Difesa è gestita da centri di responsabilità amministrativa. Questi erano, fino al 2003, diciotto ma sino stati ridotti a sette nel bilancio per il 2004.


3. Gli oneri finanziari delle MSU e la copertura

Le caratteristiche della spesa militare nel bilancio statale rendono problematico il finanziamento degli oneri delle M.S.U. Si tratta certo di incrementi di spesa assai consistenti, sia in valori assoluti sia in termini di PIL e di spesa pubblica complessiva. L’evoluzione delle tecniche militari e soprattutto la complessità degli strumenti tecnologici e dei supporti logistici, infatti, hanno reso sempre più costose le operazioni delle Forze armate nel mondo contemporaneo. Gli oneri aggiuntivi per l’espletamento delle operazioni MSU non hanno trovato spazio negli ordinari stanziamenti di bilancio, ma le autorità governative e legislative hanno dovuto far ricorso a metodologie più complesse per reperire le ingenti risorse necessarie per compiere gli interventi stessi. La scelta politica di intervento delle MSU, quindi, ha comportato decisioni legislative di finanziamento degli interventi. Cosa che è stata fatta nella sede legislativa di autorizzazione delle missioni: lo stesso provvedimento di autorizzazione all’impegno delle Forze armate nei teatri di guerra o di crisi ha disposto - anche in ottemperanza ad un preciso dettato contenuto nell’art. 81, 4° comma della Costituzione - in materia di finanziamento e copertura degli oneri. Le coperture teoricamente possibili sono due: - la previsione di entrate aggiuntive derivanti da nuove prestazioni tributarie o da inasprimenti delle aliquote; - l’utilizzo di fondi di spesa generici accantonati per spese impreviste o per gli oneri scaturenti dal leggi in corso di approvazione.

Così, per reperire un esempio del primo tipo di copertura, si consideri il decreto-legge 1° luglio 1996, convertito con legge 8 agosto 1996, n. 428 che stabiliva il finanziamento degli oneri per la partecipazione italiana alle operazioni di ristabilimento della pace in Bosnia, stimato in 240 miliardi di lire, mediante un incremento dall’aliquota dell’accisa, cioè dell’imposta di fabbricazione, sulla benzina senza piombo. Molto elevato è stato anche l’onere aggiuntivo per le finanze pubbliche dell’intervento in Albania e in Macedonia nell’ambito della missione NATO per compiti umanitari e di protezione militare, intervento autorizzato con D. L. 21 aprile 1999, n. 110 convertito con legge 18 giugno 1999, n. 186. Non si procedeva, in tal sede, ad inasprimenti fiscali, ma è stata utilizzata una norma di carattere generale, l’art. 1 comma 63 della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Il testo di legge richiamato stabilisce che per le spese connesse con interventi militari all’estero, anche di carattere umanitario, autorizzati dal Parlamento, correlati ad accordi internazionali, può essere adottata la procedura di cui all’art. 9 della legge 5 agosto 1978, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del Tesoro.

L’art. 9 delle legge n. 468/1978 prevede il potere dell’Esecutivo di attingere, per sopperire ad esigenze di cassa, ad un apposito fondo di riserva per le autorizzazioni di cassa, al fine di integrare le dotazioni di previsioni di cassa del bilancio. L’ammontare dei fondi previsti in tale capitolo di bilancio è stabilito annualmente dalla legge di bilancio. Un’ulteriore autorizzazione di spesa per la partecipazione italiana ad operazioni militari all’estero è stata disposta con il decreto-legislativo 20 gennaio, n. 4, convertito con legge 18 marzo 2003, n. 42. Anche in questo caso la legge non ha previsto una copertura mediante nuove o maggiori imposizioni fiscali, ma ha reperito i fondi necessari in bilancio. è stato fatto uso, in questo caso, del fondo speciale per la copertura degli oneri scaturenti da leggi in corso di approvazione al momento della deliberazione della legge di bilancio. Il fondo è previsto e regolato dall’art. 11 bis della legge n. 468 del 1978. In sostanza, il finanziamento degli oneri per la realizzazione delle MSU è certamente episodico ed è assicurato in parte con tassazione aggiuntiva ed in parte con fondi reperiti all’interno del bilancio statale in corso di esecuzione. In concreto, sulla base delle norme ora elencate, si provvede ad accrescere gli stanziamenti del bilancio del Ministero della Difesa con prelievi dai fondi del bilancio o dai maggiori proventi fiscali. Per quanto riguarda in concreto l’Arma dei Carabinieri, negli anni dal 2000 ad oggi sono state effettuate variazioni di bilancio con afflusso dei fondi agli stanziamenti compresi nel centro di responsabilità amministrativa Arma dei Carabinieri dello stato di previsione della spesa del Ministero della Difesa per i valori che risultano dalla tabella 1.

Come la tabella evidenzia, il maggior impegno di afflusso di fondi si è verificato per l’esercizio finanziario 2002 con un impegno di oltre 41,5 milioni di euro. Anche nel 2000, peraltro, l’importo delle variazioni incrementative delle assegnazioni all’Arma è stato di una notevole consistenza, in quanto ha superato i 40 milioni di euro. La missione che ha richiesto maggiori afflussi di fondi sullo stato di previsione della difesa è quella SFOR Sarajevo con quasi 88 milioni di euro.

Dalla tabelle è possibile, poi, ricavare l’importo complessivo dell’afflusso di fondi reso necessario negli esercizi dal 2000 al 2003.

Immagine raffigurante la tebella delle variazioni degli stanziamenti dell stato di previsione della spesa del Ministro della Difesa.


4. Gli effetti e le ricadute della spesa per le MSU.

La produttività della spesa per le MSU Nella teoria della scienza della finanze e del diritto pubblico si è, negli ultimi anni, progressivamente affermata la tendenza alla valutazione della spesa pubblica sotto il profilo della efficienza e della proficuità nel conseguimento, da parte dell’amministrazione pubblica, dei risultati previsti e degli obiettivi assegnati. In altri termini queste valutazioni dovrebbero consentire la verifica delle prestazioni dell’amministrazione ed in particolare l’accertamento che l’amministrazione stessa ha conseguito i risultati ad essa affidati con il minimo dispendio di risorse o se ha massimizzato il prodotto delle risolse date (efficienza). Si stanno affermando metodologie di controllo idonee a consentire di valutare se la gestione delle risorse si è snodata attraverso un adeguato rapporto funzionale fra le risorse stesse e gli obiettivi da conseguire (produttività).

Questo tipo di controlli è reso dominante e centrale da un’ampia serie di norme di diritto amministrativo e di contabilità pubblica che si sono susseguite da alcuni anni fino alla situazione presente. Queste norme hanno trovato il loro punto culminante nel D. Lgs. 30 luglio 1999, n. 286. Le spese per la realizzazione delle MSU costituiscono un caso interessante nell’ambito della spesa pubblica in generale e della spesa militare in particolare. Questa è una situazione del tutto nuova rispetto alle tendenze emerse nei decenni del passato più prossimo. È vero, infatti, che la spesa militare ha formato oggetto, in più situazioni storiche recenti, di una specie di pregiudizio non favorevole che si è tradotto, in sostanza, in una presunzione di improduttività sotto il profilo economico. Si è verificato, in altri termini, una specie di complesso da “Il deserto dei Tartari”, per citare un fascinoso romanzo dei nostri tempi, per il quale la presenza di truppe ai confini o il pattugliamento dei mari da parte delle squadre navali o dello spazio aereo da parte dell’aviazione non costituiscono fatti economici produttivi di un vero e proprio servizio suscettibile di valutazione quantitativa definita.

Il fatto che il potenziale nemico potesse rimanere per decenni appunto “potenziale”, la circostanza che la difesa ultima in caso di conflitto globale rimanesse affidata all’intervento Forze armate di altri stati dotate di armi non convenzionali ed infine un’impostazione politica pacifista avevano contribuito ad imporre alla spesa militare una specie di marchio di improduttività. Le vie della storia, si sa, sono infinite ed hanno proposto evoluzioni e vicende poco prevedibili cinquanta anni fa. Il temuto conflitto mondiale di carattere globale non è verificato ed è effettivamente scomparso dalle attendibili previsioni, ma situazioni locali di grave instabilità mettono in pericolo la sicurezza di alcune aree critiche, la vita di connazionali, ma anche di intere popolazioni degne di attenzione e meritevoli di rispetto e di cura e, soprattutto, impediscono il funzionamento delle istituzioni democratiche di alcuni paesi del mondo. Il che rende necessari interventi di tipo militare convenzionale molto specifici quanto a metodologie e ad impiego di Forze armate e soprattutto molto peculiari quanto ad obiettivi strategici. Gli interventi delle MSU, sotto questo profilo, offrono la possibilità di una valutazione diversa della produttività.

È vero, infatti, che per questi interventi militari esiste la possibilità di valutare, in via generale, il risultato delle azioni svolte in termini di vite umane salvate, di persone sottratte a pericolo di morte o di offese gravi, di condizioni di sicurezza garantite quando tutte le situazioni di conflitto, di rivolta o di guerriglia avrebbero recato immensi danni a numerosi soggetti. Questi sono certamente dei risultati da considerare ai fini della scelta di impiego delle risorse militari negli interventi MSU. Ma si tratta di risultati spesso non quantificabili in termini matematici. Vi è, invece, una serie di situazioni nelle quali è possibile effettuare una valutazione specifica della produttività dello svolgimento e del successo di un intervento MSU; valutazione in termini di risparmio di altri esborsi che si sarebbero resi necessari in caso di assenza o di insuccesso dell’intervento stesso. Questa vicenda si verifica quando il ripristino della legalità e la creazione di efficienti forze di polizia nel territorio che costituisce teatro dell’intervento MSU consente un ritiro di altre Forze militari inviate sul territorio stesso. In altri termini, è possibile confrontare due possibili scenari: un primo in assenza di MSU o con insuccesso dello stesso intervento, allorché altre Forze militari devono prolungare la loro presenza sul territorio considerato; un secondo che si verifica in conseguenza dell’intervento e del successo dell’intervento MSU. In questo secondo caso è possibile pervenire in tempi brevi consentiti dalle raggiunte situazioni di sicurezza al ritiro delle altre Forze militari ed in seguito anche ai contingenti MSU.

La produttività dell’azione MSU, allora, può misurarsi in termini quantitativi attraverso il calcolo del risparmio derivante dal ritiro delle altre Forze militari reso possibile dall’azione MSU stessa e dal suo successo. Il risparmio è dato dal costo economico-finanziario della presenza di Forze militari sul territorio e dal costo anche in termini generali (politici ed amministrativi) del prolungamento della presenza di Forze militari nel teatro di guerra o di altri fatti che determinano instabilità ed insicurezza militare.

In definitiva, la situazione delle spese per l’azione MSU appare peculiare e per queste spese rimane più agevole la indicazione della produttività e quindi il superamento del complesso da “Il deserto dei Tartari”. Questo particolare appare idoneo a motivare adeguatamente le decisioni di finanziamento delle spese dirette a realizzare questo tipo di interventi e di deciso supporto, mediante gli interventi di spesa di bilancio statale diretti a rafforzare le Forze militari destinate ad interventi di carattere umanitario, del mantenimento della pace ed in particolare delle MSU.

I tempi degli eserciti o di flotte inattivi nell’attesa di un nemico - forse assai potente e pericoloso, ma anch’esso per lunghe epoche immobile nelle sue posizioni - sono superati. La situazione strategico-militare è caratterizzata da trasformazioni assai incisive. I pericoli più gravi dell’equilibrio politico e geografico non deriveranno più da conflitti dichiarati di tipo tradizionale ma da azioni militari apparentemente slegate e prive di un organico disegno, non precedute da formali dichiarazioni di guerra ed anche disperse, che peraltro rappresentano un pericolo per la stabilità e la sicurezza di intere aree o che mettono a repentaglio la sopravvivenza di milioni di persone per inquinamento, fame o per atteggiamenti distruttivi o di razzia. Gli interventi per fronteggiare queste situazioni richiedono personale ben addestrato, l’utilizzo di armi moderne idonee ad azioni assai qualificate (non si tratta di colpire in qualsiasi modo un nemico lontano ma serve una tecnica di combattimento sofisticata in quanto in presenza di popolazioni inermi e di soggetti spesso bisognosi di aiuto) nonché l’impiego di tecnologie assai sofisticate, anche con l’utilizzo di strumenti informatici e comunicazioni sviluppate ed efficientissime.

È per questo motivo che gli stanziamenti ordinari di bilancio sono sempre inadeguati alle esigenze di intervento per la tutela della sicurezza internazionale tanto che si deve far ricorso a manovre di utilizzo di fondi speciali, fondi di riserva o altri strumenti di carattere straordinario. È tempo ormai che gli ordinari stanziamenti dei bilanci statali di previsione per le Forze armate, compresa l’Arma dei Carabinieri, assumano una consistenza sufficiente a garantire in via stabile il finanziamento degli interventi di tutela della pace o della sicurezza. È per questo che le autorità di governo e le Forze parlamentari possono ragionevolmente valutare la possibilità di un cauto ma consistente incremento delle previsioni di spese militari che valga a superare l’impasse dell’insufficienza degli stanziamenti per questi oneri che ha caratterizzato il bilancio dello Stato italiano negli ultimi esercizi finanziari.


(*) - Preside della Facoltà di Economia della “Libera Università S.Pio V” di Roma.