Il Carosello
Origini storiche e significato dei Caroselli

Il festeggiamento dell'anniversario dell'Arma dei Carabinieri è da sempre un momento carico di emozioni, rese ancor più forti quando i reparti, in sfilata, lasciano Piazza di Siena per far spazio alle esecuzioni del Reggimento Carabinieri a cavallo: il Carosello equestre e la Carica.

Carica dei Carabinieri a Pastrengo - 30 marzo 1848

Il Carosello è un alternarsi fluido e ritmico di figure complesse e non prive di un certo rischio, eseguite con grande abilità e perizia, degna di quella tradizione della cavalleria italiana della quale i carabinieri del Reggimento e, più estesamente, l'Arma intera sono fedeli e rigorosi custodi. La carica, invece, è un turbinare di pennacchi tra il balenio delle sciabole sguainate e lo sventolare dello stendardo, sottolineato dal grido "Pastrengo!" in memoria dell'eroica battaglia di Pastrengo del 30 aprile 1848.

Si tratta di esibizioni che esaltano i sentimenti persino dei più disincantati, anche perché sono la celebrazione di un rito, memoria di dedizione, coraggio ed entusiasmo: da sempre valori del carabiniere.

Il Carosello deriva dagli antichi tornei che hanno origine lontana e che assunsero variamente nel tempo significati ed emblemi. TemplariLa loro frequenza aumentò dopo il ritorno dei cavalieri cristiani dalle Crociate e in particolare per le rivalità esistenti tra gli ordini cavallereschi degli Ospedalieri e dei Templari. Talvolta nei tornei si misuravano alcune decine di cavalieri. Le regole che governavano la contesa erano molto severe ed avevano soprattutto lo scopo di assicurare la lealtà degli scontri e di evitare possibili conseguenze mortali per ferite inferte dalla lancia o dalla spada. Più tardi iniziò l'uso che gli araldi leggessero prima dello scontro le norme che dovevano regolare il torneo, sia che questo avesse luogo ad armi cortesi (quelle dell'emulazione, priva di violenza) sia con armi da battaglia.

Uno dei primi tornei svoltisi a Roma fu quello del 3 settembre 1332, che ebbe luogo precisamente nell'interno del Colosseo, riattato per quell'occasione quanto bastava a consentirne lo svolgimento. Altro importante torneo fu quello del 5 marzo 1565, in Belvedere, nella cinta del Vaticano, del quale si ricordano le norme più significative, come quella che puniva il ferimento del cavallo dell'avversario (ancor più severamente se ne derivava la morte) e quelle che non consentivano il colpo "da mezzo il petto", di "menar più che quattro colpi di spada" e di ferire di punta.
Ma certamente, il torneo più famoso resta quello della sfida di Barletta, avvenuto il 13 febbraio 1503 fra tredici cavalieri italiani e tredici francesi. Raccontano le cronache che il mattino dello scontro Ettore Fieramosca ed i suoi dodici compagni si raccolsero in chiesa per assistere alla Messa e che alla presenza del Principe Prospero Colonna lo stesso Fieramosca fece giurare ai suoi cavalieri "di voler prima morire che uscir dal campo per mia volontà, altro che vincitore". I francesi erano guidati da Charles de Toques, detto monsignor "de la Motte". Al primo urto i cavalieri italiani rimasero uniti. Apparvero invece disordinati quelli francesi. Le successive fasi della sfida volsero gradatamente a favore degli italiani nonostante la strenua e coraggiosa difesa dei francesi, dei quali alla fine tre soli superstiti restarono in campo, due a cavallo ed uno a piedi, che dovettero arrendersi al valore degli italiani.

Il Merito della così avvincente e costante passione per i tornei in Italia è da attribuire in particolare ai principi savoiardi, allorché si misurarono, fuori Porta Susa in Torino nell'aprile 1050, Oddone di Savoia e Ormanno di Baviera. Da allora i tornei si succedettero con sempre maggiore frequenza.

Torneo cavalleresco del 1300 circaSono da ricordare quello dei 1313 (nel quale Amedeo V perdette sette cavalli) e il celebre scontro del 1348, che vide Amedeo VI mantenere il campo per tre giorni con i suoi cavalieri, tutti vestiti di verde come lui, cosa che gli valse da allora il nome di "Conte Verde". Al vincitore toccò in premio il bacio di quattro dame e una verga d'oro.
Va poi ricordato lo scontro che ebbe luogo in Fiandra tra il "Conte Rosso", figlio del precedente, e tre nobili cavalieri inglesi, che furono sbalzati di sella e feriti. Cavaliere del 1300 circaEbbero rilievo quella del 1489 sotto il governo di Bianca di Monferrato (premio un manicotto, da cui pendeva un rubino) e quella del 1504 con Filiberto il Bello.

Il torneo del 1559 ebbe particolare risonanza perché vi trovò accidentalmente la morte Enrico II, al quale si conficcò nell'occhio sinistro una scheggia di lancia dell'antagonista, conte di Montgomery. Questo luttuoso epilogo determinò una pausa nei tornei. Quello tenuto nel 1620 in onore delle nozze di Cristina di Francia fu disputato con armi spuntate.
Tra i molti tornei a cavallo successivi va particolarmente ricordato quello del 21 febbraio 1839, svoltosi con suggestive modalità nel teatro Regio di Torino in onore del Granduca Alessandro di Russia, di passaggio in quella città. Vi presero parte tre quadriglie di diverse nazionalità - inglese, francese e italiana, quest'ultima comandata dal marchese Corsero di Pamparato - che si cimentarono in diversi esercizi come quello dei dardo e delle teste (per parte italiana l'esercizio dell'anello), prima di esibirsi tutte nel circo, con la perfetta esecuzione di passi difficilissimi che suscitarono grande entusiasmo.

Più vicino al nostro tempo è da ricordare il gran torneo dei 22 aprile 1842 nella piazza S. Carlo di Torino. Vi parteciparono quattro squadre di cavalieri. Ed è precisamente "dai loro diversi giri ed armonici intrecciamenti di corse", dal fatto che "parevano i loro fieri e superbi animali avere una mente co' loro signori, e muovere in esatta cadenza al lieto suono degli strumenti militari" che si può veramente stabilire una relazione diretta con il Carosello attuale, nel quale gli Squadroni dei Carabinieri mostrano, nella sincronia e nell'eleganza delle loro evoluzioni in campo, il perfetto grado di addestramento raggiunto nell'arte dei cavalcare.