La Spada nella roccia

La Spada nella Roccia

C'era una volta un mago chiamato Merlino. Egli viveva in una bella capanna, o per meglio dire in una capanna dotata di tutti gli attrezzi che consentono a un mago di esercitare il proprio mestiere.

Era un buon mago, Merlino. Aveva una lunga barba bianca, portava in testa un alto cappello a pan di zucchero, e viveva in compagnia di un gufo, brontolone come lo sono i gufi, di nome Anacleto. Per non essere da meno di Merlino, Anacleto qualche volta cercava di esercitare un po' di magia per conto proprio, manco a dirsi con dei risultati che erano un disastro.

Un bel giorno Mago Merlino se ne stava raccolto con i suoi pensieri, che erano tanti, perché egli amava i viaggi nel passato e soprattutto nel futuro, quando si scosse, come se gli fosse apparsa una visione.

"Che c'è?", domandò il gufo, sempre sul chi vive. Era appollaiato sulla spalliera d'una seggiola, circondata da una infinità di alambicchi e di storte, piene di liquidi bollenti che servivano al mago per preparare filtri e incantesimi.

La Spada nella Roccia - Il Mago Merlino ed il gufo Anacleto"C'è che fra un attimo arriverà qui, giusto in tempo per il tè, un personaggio molto importante. E noi, Anacleto, dobbiamo riceverlo come si conviene al rango che egli avrà molto presto".

"Sei proprio sicuro di questa visita?", sembrò dubitare il gufo Anacleto.

"Diamine!", gli rispose Merlino. "Che mago sarei altrimenti?".

In quel preciso istante si udì un gran botto sul tetto della capanna, di dove precipitò nella stanza un bel ragazzino, vivace e bene educato. Anacleto era servito.

"Chiedo scusa di questa intrusione. Permettete che mi presenti? Mi chiamo Artù, ma tutti mi chiamano Semola. Andavo a caccia con mio padre adottivo, sir Ettore, e con il mio fratellastro Caio che ha un po' d'anni più di me..."

"...quando hai urtato Caio che scoccava la sua freccia, e la freccia, invece d'andare a bersaglio, è finita su un albero del bosco", lo interruppe Merlino.

"Come fate a saperlo?", si stupì Semola.

"Io so tutto. Sono il Mago Merlino, e che diamine! E so che presto l'Inghilterra tornerà ad avere il suo re".

Anacleto, che non voleva esser da meno, aggiunse la sua.

"Tornerà ad avere il suo re quando un cavaliere del reame riuscirà ad estrarre dalla roccia una spada che vi è conficcata. Nessuno, finora, è riuscito nell'impresa. Per questo noi continuiamo ad essere sudditi senza sovrano".

Merlino rideva della saccenteria del gufo, tuttavia contento di lasciargli un po' di spazio per fargli fare bella figura con l'ospite.

Presero il tè, che il mago sapeva preparare in modo delizioso. Conversarono. Il gufo venne a posarsi sulle spalle di Merlino: gli soffiava sul collo e di tanto in tanto scrutava Semola.

"Ma perché le cose procedano com'è stabilito che avvengano, mio caro Semola", disse Merlino, "tu devi metterti a studiare. Prevedo per te un grande destino".

L'idea del grande destino infiammava Semola, ma il pensiero di mettersi sotto con i libri lo rattristava alquanto.

"Studierò, d'accordo. Ma come? Ma dove?".

"Non preoccuparti", lo tranquillizzò Merlino. "Sarò io il tuo maestro. Andremo in giro per il mondo. E poi lo troveremo, il posto dove fermarci".

Il gufo, brontolone e anche un poco bisbetico, detestava i viaggi. Inutilmente cercò di contrastare il mago.

"Non potrebbe studiare qui? Che bisogno c'è di girare il mondo se tu sai tutto e glielo puoi insegnare?".

Bonario, sorridente, il mago spiegò: "Un conto è la teoria, un conto diverso è la pratica. Semola si dovrà istruire sul pratico, con le lezioni che vengono dall'esperienza. Io, quindi, lo guiderò a farsi l'esperienza che gli serve".

E si misero in cammino.

Raggiunsero una foresta, così fitta di alberi che non si vedeva il cielo, né il sole la illuminava nei sentieri. E, com'è abitudine dei malandrini, un lupo se ne stava in agguato, pronto ad attaccarli, a divorarli.

Semola gli sfuggì per un pelo. Merlino, che aveva dalla sua la magia, lo schivò facilmente. Non solo. Per quanto gli dispiacesse, disse una formuletta e il lupo precipitò nel profondo di un burrone: ma forse non si fece troppo male.

"Ben fatto!", approvò Anacleto.

"Ma non finisce mica qui", reagì il lupo, arrabbiatissimo. "Giuro che mi vendicherò. Ci incontreremo ancora, vedrete".

Dopo un bel po' di strada, arrivarono al palazzo di sir Ettore, il padre adottivo di Semola. Costui affrontò il ragazzo in malo modo.

"Cosa ti salta in mente di bighellonare nella foresta? Lavorerai subito in cucina, per punizione. Va', presentati alla cuoca".

Poi si rivolse a Merlino.

"E tu chi sei?".

"Sono Merlino, il mago", questi rispose. E, perché non si dubitasse della sua parola, fece nevicare fuori stagione. Di fronte a quel prodigio sir Ettore si arrese, accolse il mago nel castello, lasciò che si prendesse cura del figliastro.

"Fate un po' come volete. Io, contro la magia non mi ci metto. Fossi matto...".La Spada nella Roccia - Semola nuotando nello stagno viene inseguito da un grosso pesce

Così si iniziarono le lezioni pratiche di Semola. Per istruirlo sui pesci, Merlino lo condusse in riva allo stagno. Con un colpo di bacchetta magica trasformò il ragazzo in pesce e pesce divenne egli stesso. Nuotavano. Merlino parlava. Semola ascoltava. Ma ecco profilarsi la sagoma d'un grosso luccio, con occhi feroci e denti aguzzi. Semola voleva correre, ma senza gambe non gli era possibile. Allora spiccò un gran salto. Il luccio fece altrettanto, e stava per ghermirlo. Per fortuna Anacleto vigilava dall'alto, balzò sul mostro e gli chiuse le fauci.

Dopo lo stagno, le lezioni proseguirono nella foresta. Trasformato in scoiattolo, Semola aveva un aspetto così grazioso che una scoiattolina se ne innamorò e cominciò a coprirlo di baci. Ma in quel mentre il lupo vendicativo riapparve dal folto degli alberi, e avrebbe fatto un solo boccone del ragazzo se Anacleto, sempre vigile, non avesse avvertito del pericolo. Così, con una randellata il lupo fu steso, e si presume che per un po' non abbia più dato fastidio a nessuno.

"Adesso basta. Riprendiamo le forme umane", disse Merlino. E lo disse anche perché le operazioni di magia stancano alquanto.

Siccome Semola, non essendo più andato in cucina a lavare i piatti, era preoccupato di avere disubbidito a sir Ettore, Merlino, per toglierlo d'imbarazzo, ordinò alle stoviglie di lavarsi da sole. La cosa impressionò moltissimo la cuoca.

"Aiuto, sir Ettore! Aiuto!", prese a gridare.

Sir Ettore accorse, impugnando la spada. E rimase di stucco.

"Perbacco!", esclamò. "Ecco un altro trucco del mago".

Non appena sollevò la spada, i piatti gli si lanciarono contro e lui cadde nella tinozza. Né miglior sorte toccò a Caio, il fratellastro di Semola, giunto in aiuto del padre.

Il giorno dopo le lezioni furono riprese. E siccome Semola dubitava che il mondo fosse rotondo, Merlino decise di trasformare il ragazzo in uccello, perché, dall'alto, se ne accertasse.

Semola però dovette fare i conti con un'aquila che gli volava contro. Già stava per essere catturato quando, nei pressi, scorse un comignolo. Vi s'infilò, e cadde nell'antro di Maga Magò, che, al contrario di Merlino, non era affatto buona. Anzi, fra Merlino e Magò da secoli non correva buon sangue.

Bisognava salvare Semola dagli incantesimi di lei. Merlino pensò allora di sfidarla in una gara di magia: si trattava di trasformarsi negli animali più incredibili. Cominciò così una girandola di prodigi mai visti, ma alla fine fu Merlino a vincere. Prese le sembianze d'un microbo, infatti, le attaccò la rosolia, e la mise una volta per tutte fuori combattimento.

Era ora di tornare a Palazzo. Appena giunti, però, il mago, Semola e Anacleto incontrarono sir Ettore e Caio, che stavano recandosi a Londra per prendere parte a un torneo di cavalieri. E decisero di accompagnarli.

La strada era lunga: fu addirittura necessario pernottare in una locanda. E fu qui che Semola dimenticò la spada che avrebbe dovuto servire al fratellastro per partecipare al torneo.

Appena se ne accorse, tornò veloce sui suoi passi. Ma la locanda ormai era chiusa.

Semola era in preda alla disperazione. La Spada nella Roccia - Semola innalza la spada al cieloMa lungo il cammino, per uno strano caso in lontananza vide una spada. Ed era proprio quella spada leggendaria che tanti cavalieri avevano cercato inutilmente di estrarre dalla roccia in cui era conficcata.

"Quella per Caio andrà bene", pensò ingenuamente.

Si avvicinò alla roccia, tirò la spada a sé, e con grande facilità se la trovò in mano. Sopra c'era scritto: "Colui che mi estrarrà diventerà Re d'Inghilterra".

Quando sir Ettore vide la spada nelle mani di Semola, s'inchinò davanti al ragazzo, poi s'inginocchiò, esclamando: "Lunga vita al Re d'Inghilterra!".

E Merlino? Merlino già s'era messo in viaggio nel futuro. Ma riuscì a tornare giusto il giorno dell'incoronazione di Semola-Artù per dirgli: "Ragazzo mio hai visto? Sei diventato Re. Diventerai un eroe leggendario e di te si parlerà fino alla fine del mondo!".