Carlo Verdone

Nel 1984 Carlo Verdone si divertì molto con Enrico Montesano. Cominciava tutto con un concorso che i due aspiranti carabinieri affrontavano in modo diverso, secondo il "carattere": timido e pignolo Marino Spada (Verdone), sfacciato e approssimato Glauco Sperandio (Montesano). Tutte le tappe dell'iniziazione del futuro carabiniere sono rappresentate in modo comico e grottesco: oltre l'esame, il corso di addestramento, il giuramento, le prime uscite in servizio fino al gesto "eroico" di salvare un gruppo di boyscout tenuti in ostaggio da un bandito.
Carlo Verdone

Come ricorda quell'esperienza Verdone che del film (un classico dei palinsesti televisivi in ogni stagione) fu anche regista?
«Girammo con la collaborazione dell'Arma. Ci furono messe a disposizione macchine, caserme e comparse. Per qualche mese fui un "carabiniere" davvero. Entrai nello spirito dell'Arma. Quando il film finì fui costretto ad elaborare il lutto per l'esperienza finita. Mi sentii per molto tempo un carabiniere congedato. Suo malgrado, perché poi nella vita, prima o poi, tutto finisce ... ».

Cosa le venne a mancare di più?
«Una cosa difficile a dirsi: lo spirito di appartenenza. Può sembrare retorico: ma la ritualità di quella vita, e anche la novità che ogni giorno si poteva presentare, diventano a poco a poco una divisa, un modo di essere, di rapportarsi con il mondo. Su questo schema poi calai quello della commedia, degli equivoci, delle risate, degli imprevisti giocati insieme a Montesano».

Una seconda appartenenza?
«Un film crea sempre questa complicità, è un rapporto di equilibrio tra chi vi partecipa, spesso emozionante nella sua precarietà. Cercammo di dare una rappresentazione affettuosa, anche se un po' sgangherata, della vita da carabiniere. E quando tutto finì, io per molto tempo mi sentii ancora di essere quel Marino Spada, l'amicone di Glauco Sperandio».

Renato Minore