Arma Bell'Arma

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Arma Bell'Arma
L'Arma in miniatura

Francesco Gonin: Ufficiale in piccola montura, carabiniere e trobetta in gran montura, 1836La storia dei figurini militari è antichissima. Nel Museo del Cairo sono oggi custoditi due gruppi di soldatini di legno risalenti al 2000 a.C. circa, ordinati su quattro file e otto righe, su un supporto unico: è la guardia del principe Ensah, nobile condottiero egizio nella tomba del quale furono ritrovati a vegliare il suo lungo sonno.
Dopo un buco di secoli, da cui non ci è giunto alcun reperto, nel corso del Seicento i soldatini ricompaiono. Sono ancora destinati a dei principi, i piccoli eredi delle case regnanti europee, che ne possiedono di preziosi, in argento, di cui i più celebri sono quelli che la regina di Francia Maria de' Medici fece costruire per il figlio, il futuro re Luigi XIII.
Ma anche in età adulta i sovrani non si privano di questo piacere. Presso il Museo di San Martino, a Napoli, sono esposte in assetto da parata le truppe borboniche di Ferdinando II con Sua Maestà in testa: centinaia di figurette in cartoncino dipinto su entrambi i lati.
Bisogna attendere la fine del XVIII secolo perché anche la gente comune - grazie al diffondersi dello stagno, a volte miscelato con piombo e antimonio - possa cominciare a permettersi questi marziali giocattoli, che per i meno abbienti i tipografi stampano e vendono anche in umile versione cartacea.
In tempi più recenti, per rendere maggiormente accessibile l'acquisto di soldatini, si è giunti anche a sostituire i metalli con un materiale assai meno costoso come la cartapesta, secondo l'idea messa in pratica nel 1836 dal tedesco Hausser, titolare della storica ditta Elastolin.
Qualche decennio più tardi, nel 1893, un'altra marca storica inglese, la Britain, introduce un sistema innovativo di produzione veloce, consistente nel fabbricare soldatini ronde-bosse (a tutto tondo), vuoti all'interno perché ottenuti incurvando la lastra, poi saldata con una vistosa linea di congiungimento. Una soluzione che però non incontrò il gradimento dei ragazzi di allora.
Col nuovo secolo, il soldatino scompare quasi completamente dalla scena. Il lungo periodo di declino termina nel secondo dopoguerra, che vede il rilancio dei militari in miniatura in versione giocattolo, ma anche, progressivamente, come oggetti da collezione per adulti. Ormai sono fabbricati in materiali plastici, e venduti già dipinti oppure da dipingere.
I bassi costi fanno sì che, finalmente, tutti i bambini possano schierare eserciti numerosi.
A tenere il campo sono le tradizionali giubbe rosse britanniche, le truppe napoleoniche e gli altri eserciti europei; ma presto hanno larghissima diffusione i "nordisti" e i "sudisti" statunitensi, insieme con i cow-boy e gli indiani, ai quali va la preferenza infantile.
I grandi, intanto, possono scegliere fra i "tutto tondo" e i classici "norimberga" piatti, in metallo bianco, il cui successo è in nettissima ascesa.
In ogni caso, il collezionista diventa sempre più esigente e non si accontenta più delle approssimative figurine di un tempo, gradevoli ma così poco precise nei particolari e così poco attendibili nella ricostruzione storica delle uniformi. Ecco che allora nascono e si sviluppano attività di sostegno quali lo studio di documenti dell'epoca e la redazione di pubblicazioni di storia e di uniformologia, comprensiva delle relative armi e buffetterie.
A questo punto è necessario soffermarsi in una spiegazione più tecnica, che metta anche la persona meno esperta in condizione di orientarsi in questo settore specialistico, con le sue odierne distinzioni e le differenti tecniche pittoriche.
Cominciamo col dire che i pezzi disponibili sono di varie dimensioni. Le scale più diffuse, che vengono definite in millimetri (la misura va dalla fronte ai piedi, copricapo escluso), sono di 25, 30, 54, 75, 90; ma esistono ditte che producono anche pezzi da 60, 80 e 120 millimetri.
I formati più frequenti sono il piatto, il semitondo e il tutto tondo, o ronde-bosse. Una suddivisione sostanziale è quella che distingue i vecchi modellini, o Toy Soldiers (soldatini giocattolo), realizzati all'inizio del XX secolo e ormai divenuti oggetti di antiquariato, dalle loro più economiche riproduzioni. Indipendentemente dalla dimensione, queste ultime sono accomunate dalla approssimazione delle fattezze, dall'essere raccolte in piccoli gruppi organici, in parata o in rassegna, dalla pittura solitamente a finitura lucida.
I soldatini-modello richiedono invece una fattura raffinata, con dovizia di particolari, e prevedono soprattutto un approfondito studio uniformologico. A dipingerli sono abili esperti del settore, che con la loro opera paziente accrescono la preziosità dell'oggetto. Alcuni collezionisti esigenti giungono addirittura a ordinare specifiche sculture, ottenendo così dei pezzi unici.
Elmo per la grande uniforme da generale e colonnello comandante di Brigata, da utilizzare sempre con pennacchio e pennacchietto (Aigrette), per Regio Decreto 8 marco 1874L'arte di dipingere questi figurini non nasconde segreti particolari, ma implica la conoscenza e la pratica di svariate tecniche, anche poco comuni o applicate in combinazione, e soprattutto tanto, tanto esercizio.
Non ci sono limiti ai tipi di colore che si possono adoperare. I primi a essere stati impiegati sono gli smalti sintetici, molto coprenti ma poco agevoli da stendere, e che comportano lunghi tempi di asciugatura e l'uso di diluenti dall'odore sgradevole. Con la comparsa sul mercato dei colori acrilici - diluibili con acqua, pratici, inodori e di quasi immediata asciugatura - si assiste a una svolta in questo particolare genere di pittura. La tecnica consiste nello stendere una mano di fondo che funge sia da antiossidante che da idonea base per favorire una buona presa del colore. Successivamente si dipingono le varie parti del soggetto (per esempio giacca e pantaloni) con il colore di fondo per poi creare la profondità delle forme applicando svariate mani della stessa tinta molto diluita e progressivamente schiarita con appropriati colori complementari.
Un'altra tecnica diffusa è quella che ricorre ai più aristocratici colori a olio, che data la loro lentezza nell'asciugare permettono di miscelare il colore sul soggetto, ottenendo così sfumature più delicate, ma con un effetto finale di maggiore lucidità; l'olio è quindi particolarmente indicato alla pittura dei cavalli e delle parti nude del corpo umano.
A queste metodologie principali si aggiungono quelle che si avvalgono di colori vinilici, alla caseina, alla mica, di tempere di vario tipo oltre che di gessetti e polveri per artisti. La scelta dipende dall'effetto desiderato, dalle preferenze del mercato, nonché dalla personale predisposizione e dal gusto di ogni pittore di soldatini.
È probabile a questo punto che qualche lettore sia colto dalla curiosità di conoscere anche le operazioni che portano alla creazione della scultura da dipingere.
Nella gran parte dei casi lo scultore modella il soldatino originale, detto master, servendosi di uno stucco epossidico a due componenti, che permette di plasmare il soggetto prima che il materiale si indurisca e di rifinirlo ulteriormente una volta conclusa la catalizzazione.
Terminato il lavoro dello scultore, tocca al fonditore operare per ricavare più copie in metallo (anche queste sono dei masters) fedeli all'originale, in modo da ottenere i migliori risultati dalle fusioni di serie.
I soldatini possono essere prodotti in ottone, con la tecnica della fusione a "cera persa", oppure in metallo bianco mediante la fusione in stampi di gomma siliconica.
I figurini in ottone hanno il vantaggio di essere resistenti, ma necessitano di apparecchiature specifiche per le microfusioni ad alta temperatura e di un procedimento lungo e laborioso.
Invece - a livello dilettantistico - per ottenere pezzi di serie in metallo bianco è sufficiente utilizzare anche solo un pentolino per fondere la lega (in genere piombo, ora vietato, stagno e antimonio), posto su di un semplice fornello (va bene anche quello da cucina). L'unico inconveniente che presentano i masters in metallo bianco è la loro delicatezza.
Per la linea professionale dei produttori di soldatini, viene realizzato uno stampo rotondo e forato al centro con un diametro massimo di 500 mm, composto da due dischi di gomma siliconica morbidissimain cui vengono immersi i masters.
Successivamente lo stampo in gomma si vulcaniza a circa 170°C per due ore. Una volta terminata l'operazione, i masters sono rimossi e sui dischi vengono creati con un taglierino i canalini di afflusso del piombo fuso.
Ora che lo stampo, detto "pizza", é pronto lo si inserisce nella centrifuga dove - dopo aver programmato il numero di giri al minuto e la pressione - lo si fa girare introducendovi attraverso il foro centrale il piombo fuso, che grazie appunto alla forza centrifuga raggiungerà tutte le cavità.
Ottenuti così i soldatini da dipingere, basterà staccarli con cura dai coni di fusione per poi pulirli dalle sbavature e dalle lievi imperfezioni con limette e/o taglierini.
A questo punto il modello viene confezionato in una scatola colorata, con il logo della ditta e corredato da un foglietto illustrativo, e sarà messo in vendita per gli appassionati che li coloreranno per i collezzionisti più esigenti.


Angelo Renato Boggia