Introduzione

Figura stilizzata di un carabiniere che osserva un mappamondo.Se nel secolo XIX e nella prima metà del XX l'attività dell'Arma dei Carabinieri all'estero fu notevole, nella seconda metà del secolo che si è appena concluso la sua proiezione internazionale si è molto sviluppata nel nuovo quadro storico delle missioni a supporto della pace, organizzate dalle comunità internazionali, Nazioni Unite o Organizzazioni regionali, per dare una risposta concreta alle richieste di sicurezza collettiva.
Le missioni di mantenimento della pace nel diritto internazionale sono un sistema di garanzie giuridico-militari molto delicato, che si è sviluppato recentemente: secondo lo Statuto delle Nazioni Unite, solo il Consiglio di Sicurezza, previsto dall'articolo 24, ha la responsabilità primaria del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, con la possibilità di usare la forza per raggiungere gli obbiettivi. È al Capitolo VII che sono disciplinate le modalità degli interventi coercitivi, attraverso i reparti militari che dal Consiglio ricevono gli ordini per operare, mentre il Capitolo VI disciplina la soluzione pacifica delle controversie.
È questa la grande differenza con la Società delle Nazioni, che ebbe vita tra la prima e la seconda guerra mondiale: la Società delle Nazioni non aveva la possibilità di imporre le proprie decisioni agli Stati membri altro che con le sanzioni, ma senza una possibilità coercitiva: in questo modo non riuscì a salvare la pace.
Non vi è un esercito permanente del Consiglio di Sicurezza, ma di volta in volta, tramite accordi bilaterali tra gli Stati membri e l'Organizzazione, vengono messe a disposizione truppe per costituire una forza multinazionale, in grado di garantire l'efficacia delle risoluzioni prese.
La comunità internazionale ha cercato strumenti alternativi agli interventi diretti delle Nazioni Unite e al Capitolo VIII dello Statuto ha previsto la possibilità di una autorizzazione ad uno o più Stati membri, o ad organizzazioni regionali, a intervenire usando la forza per il mantenimento e il ripristino della pace. La Nato, organizzazione regionale di difesa, nei primi anni Novanta ha ridefinito i suoi compiti nell'elaborazione della sua nuova linea strategica; compiti tra i quali è da notare la gestione delle crisi per la prevenzione dei conflitti e il mantenimento della capacità di deterrenza, in un totale processo di revisione, imposto anch'esso dalla fine dell'antagonismo tra Est e Ovest.
Le Nazioni Unite, prendendo coscienza di alcuni fallimenti dei propri interventi (quali quello Unosom in Somalia, o quello nei Balcani), hanno delegato un certo numero di missioni di mantenimento e imposizione della pace in sede regionale alla Nato, riservandosi un ruolo più deciso per la costruzione della pace a livello sociale e umanitario.
Se dal 1945 al 1988 erano state organizzate 13 missioni, dal 1988 al 1993 esse sono state ben 20; dal 1993 sono aumentate in modo esponenziale, differenziandosi sempre di più per obbiettivi, strategie e modalità operative. Infatti, la fine di quel bipolarismo tra Est e Ovest, che aveva portato alla cosiddetta "guerra fredda", ha segnato l'inizio di una svolta epocale nelle relazioni internazionali tra i due ex blocchi contrapposti: è così venuta a cessare una situazione di stallo che si era creata all'interno del Consiglio di Sicurezza, le decisioni del quale debbono essere prese all'unanimità dagli Stati titolari dei cinque seggi permanenti.
Decisamente, dopo il 1989 l'Onu è tornata ad avere un ruolo importante nella politica globale, superato un periodo di crisi nei rapporti internazionali gestiti in quel consesso, causata proprio dalla bipolarità esclusiva dominante delle due superpotenze. Il ritrovato accordo fra i Cinque Grandi (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia) e una diversa stagione dei rapporti multilaterali a livello mondiale, ha portato alla piena applicazione delle disposizioni ai Capitoli VI, VII e VIII, previste con sapiente conoscenza e preveggenza ancora prima della fine del conflitto: un conflitto che, pur con le sue distruzioni e i milioni di morti, preparava un nuovo ordine mondiale, per il quale la quasi totalità degli Stati, riuniti in una organizzazione internazionale, decisero di convivere con delle regole chiare e precise. Non sempre queste regole sono state osservate, soprattutto all'interno dei singoli Stati, ma la comunità internazionale ha cercato e cerca di vegliare sull'applicazione dei diritti umani, e nella maggior parte dei casi gli interventi hanno avuto risultati positivi.
Dal 1989 vi è stata una profonda evoluzione del concetto di mantenimento della pace e di interventi per la sicurezza internazionale. Le nuove operazioni si avvalgono sempre più spesso di una componente civile, per agevolare il raggiungimento di quanto richiesto anche con gli strumenti di quella "diplomazia preventiva" che cerca di evitare i conflitti incidendo in primis sulle realtà politico-sociali che spesso ne sono la prima scintilla. Si è cercato di mantenere la pace con operazioni militari di prevenzione (peace-making) o di eliminazione dei conflitti (peace-keeping), o di imposizione della pace (peace-enforcing): operazioni difficili e delicate, che vedono impegnate le forze militari anche in possibili scontri e combattimenti. Vi sono poi delle operazioni che vengono fatte dopo il ristabilimento della pace (peace-building), affinché questa sia duratura e per evitare che sorgano nuovi elementi economici o politici tali da distruggere quanto raggiunto faticosamente da tutta la comunità internazionale, spesso con notevole dispendio di vite umane, oltre che di risorse finanziarie. Esse si concretano normalmente in aiuti finanziari internazionali e in una assistenza di cooperazione tecnica.
La politica estera del Governo italiano è sempre stata quella di appoggiare il ruolo delle Nazioni Unite, per una più incisiva presenza di questa Organizzazione a garanzia della sicurezza mondiale, accettandone e favorendone le misure. Allo stesso tempo il Governo ha deciso di avere una più forte presenza a livello regionale, nel quadro della Nato. Ha avallato e spinto il processo di integrazione in Europa, approvando anche la formazione di una forza militare europea. Alcuni degli strumenti per attuare la politica estera italiana di partecipazione allo sforzo internazionale di sicurezza collettiva sono state le Forze Armate e il Corpo della Guardia di Finanza e, dopo il 1997, anche la Polizia di Stato, che hanno applicato gli indirizzi di politica estera in modo operativo nelle missioni di supporto alla pace.
L'impegno dello Stato Maggiore della Difesa, nella sua linea di indirizzo e coordinamento a tutti i livelli, è notevole e incisivo, anche per affermare la professionalità dei militari italiani e ottenere la dovuta visibilità con incarichi di alto profilo, che consentano il migliore adempimento del mandato ricevuto.
I Carabinieri hanno sempre partecipato, integrati nei vari contingenti delle Forze Armate, a missioni "fuori area", come arma combattente e/o con compiti di polizia militare, come, per ricordare uno dei tanti episodi, durante il conflitto nel Golfo Persico, quando un loro contingente, distaccato presso la base aerea di El Dhafra, ha assolto i previsti compiti di polizia militare, oltre che di sicurezza dell'Ambasciata d'Italia a Riyadh.
Nel Decreto legislativo del 5 ottobre 2000, n. 297, che disciplina il Riordino dell'Arma dei Carabinieri, tra i compiti militari, oltre alla difesa della Patria, la salvaguardia delle Istituzioni e la tutela del bene della collettività nazionale, all'art. 5, § 1.b, vi è la partecipazione ad operazioni militari in Italia e all'estero; all'art. 6 sono disciplinate le funzioni di polizia militare e all'art. 11 l'attribuzione della responsabilità per la sicurezza delle rappresentanze diplomatiche, consolari e degli uffici degli addetti militari all'estero.
Con l'aumento degli interventi umanitari, anche l'impegno dell'Arma si è sempre più sviluppato nel settore dell'assistenza e della ricostituzione di polizie locali, considerata obbiettivo prioritario per poter rifondare le istituzioni di uno Stato e mantenerle, in concorso con un sistema giudiziario funzionante e un apparato per l'ordine pubblico e la sicurezza professionalmente preparato. Dal 1993-1995 ai Carabinieri è stata richiesta una partecipazione sempre più qualificata, che non riguarda solamente la loro professionalità come polizia militare, ma nella loro duplice identità di arma combattente e di polizia ad ordinamento militare.
Sono attualmente in forza all'Arma dei Carabinieri 113.000 unità, 935 delle quali (al 30 giugno 2001) sono impegnate all'estero in missioni di peace-keeping o di assistenza umanitaria, previste dall'Onu, dalla Nato e in ambito Osce o Ueo. Dei circa 1.000 carabinieri all'estero, 624 sono impegnati nelle Unità Multinazionali Specializzate (Msu): unità a livello di reggimento presenti in zona d'operazioni, ideate, progettate e organizzate interamente dall'Arma, che ne ha il Comando fin dalla loro prima costituzione. Una svolta decisiva nell'economia delle missioni di supporto alla pace.
L'elaborazione concettuale di una Unità, con elevata mobilità, che ha al suo interno capacità professionali e strumenti operativi, ordinativi e organizzativi per il controllo del territorio e dell'ordine pubblico, per la gestione dei momenti di crisi in cui sono coinvolte le popolazioni civili, per la garanzia della sicurezza ove operano le forze di pace, ha portato alla costituzione di una formazione assolutamente nuova e vincente alla prova degli avvenimenti, nel quadro delle attività di supporto alla pace.
Il carattere vincente dell'Unità è stato dato anche da una ferma decisione, presa e imposta con intelligente determinazione, conditio sine qua non per l'ulteriore contributo dei Carabinieri e perché ne assumessero la responsabilità: dovevano essere adottati totalmente i sistemi operativi in uso presso l'Arma, compreso l'aspetto investigativo e di raccolta di informazioni, che fa dell'Unità un elemento di raccordo indispensabile e prezioso tra schieramenti puramente militari, non ancora addestrati istituzionalmente al mantenimento dell'ordine pubblico, e missioni di polizia civile, costituite solo per il monitoraggio, l'addestramento e l'istruzione delle polizie locali, senza compiti operativi, colmando un pericoloso vuoto di competenze.
La raccolta delle informazioni e l'aspetto investigativo, insieme alla estrema duttilità di applicazione e di movimento, sono tra gli elementi più significativi che caratterizzano le Msu: dove la ripresa del funzionamento delle istituzioni e la stabilità e sicurezza locale e regionale sono messe in serio pericolo, per non dire completamente ostacolate, da una criminalità organizzata, connotata anche da una grande violenza, la lotta per il ristabilimento della piena legalità ha bisogno di strumenti investigativi, informativi e legali corretti ed efficienti. Come un'intelligence correctly collected and used: una informazione correttamente collazionata e usata, al servizio del ripristino della democrazia e non per contrastarla. Le Msu, che hanno ottenuto risultati notevolissimi, non sostituendosi peraltro alle Forze di Polizia locali, sono state e sono oggetto di elaborazione nella nuova fase dottrinale del concetto strategico dell'Alleanza Atlantica.
Il successo professionale, coronato con l'attribuzione all'Arma del Comando in Capo di una missione dell'Ueo, la Mape, e internazionale, nelle Msu, è stato costruito missione dopo missione, con una attenta e generosa risposta professionale alle richieste della comunità mondiale. Sono altresì importanti gli incarichi che, a livello internazionale, ricoprono ufficiali dell'Arma in posti decisionali dal punto di vista concettuale e operativo, come ad esempio è stata la presenza di un ufficiale dell'Arma nel Dipartimento per le Operazioni di Mantenimento della Pace delle Nazioni Unite (Dpko) a New York, o in Cellule di Pianificazione presso gli organismi internazionali, o in funzione di collegamento tra diverse Organizzazioni.
L'invio di circa mille uomini all'estero è stato reso ed è possibile grazie ad un imponente lavoro di preparazione a tutti i livelli degli Uffici del Comando Generale e delle Strutture territoriali: elaborazione di studi, di piani e logistica del materiale da portare al seguito.
Nel volume non sono stati dati dettagli di cifre per non appesantire troppo la narrazione, ma bisogna ricordare che sempre queste missioni hanno avuto e hanno dei costi piuttosto alti in termini umani ed economici: alcune sono state quasi integralmente finanziate dalle Nazioni Unite; in altre vi è stato un notevole esborso da parte dello Stato italiano e delle singole Forze Armate interessate, sottraendo risorse ad altre necessità. Accanto alla programmazione operativa, vi è stata anche una notevole preparazione contabile e amministrativa, per assicurare un decorso quanto più possibile ottimale della missione. Anche in termini umani, fermi restando la volontarietà della partecipazione e alcuni vantaggi finanziari consentiti dalla permanenza all'estero, l'impegno è notevole e non esente da rischi.
Tra i costi sostenuti dall'Istituzione, bisogna sempre ricordare anche tutta l'attività di selezione, di addestramento e di amalgama fra le varie componenti del contingente inviato: costi in termini finanziari diretti e ore-lavoro-uomo. Altro punto importante nella fase di preparazione, con ricaduta sui costi, riguarda la profilassi sanitaria, ove richiesta, che viene attentamente seguita, prima di inviare qualsiasi elemento in missione.
L'analisi attenta dei vari interventi ai quali i Carabinieri hanno partecipato evidenzia il grande sforzo operativo messo in atto con presenze capillari, anche nell'ambito delle esperienze estere e gli impegni economici sostenuti per inviare elementi professionalmente preparati fuori dai reparti di appartenenza originaria. Anche le assenze dalle strutture metropolitane producono costi notevoli in termini di maggior lavoro affidato a chi resta. Tutto quanto sopra ricordato, senza calcolare il valore del materiale messo a disposizione per le missioni e quello dei materiali e dei mezzi a volte ceduti nel quadro dell'assistenza tecnica. Non sono stati riportati dati statistici, per la connotazione del volume, che si è voluto storico: ma le cifre totali sono imponenti.
Un impegno gravoso e difficile, che continua con sviluppi sempre più complessi, ma probabilmente forieri di nuove soddisfazioni a livello internazionale, oltre che di nuovi sacrifici.