Prefazione

Dell'istruzione dei zaptiè eritrei se ne occupò l'Arma, ottenendo ottimi risultati.

Lo studio delle carte storiche relative alle missioni fuori dal territorio italiano di appartenenti all'Arma dei Carabinieri documenta quanto l'Istituzione abbia contribuito ad una positiva immagine dell'Italia nel mondo, come elemento storico e culturale, fin da quel lontano 1897, quando alcuni ufficiali andarono a riorganizzare la Gendarmeria nell'isola di Creta.
In questo primo volume - al quale seguirà un secondo, dedicato alle missioni più recenti, dal 1948 in poi - intento dell'Autrice è stato quello di esaminare e ricostruire, sulla scorta dei documenti diplomatici e militari - principalmente di quelli conservati al Museo Storico e nell'Archivio Storico dell'Arma dei Carabinieri, integrati da quelli conservati presso l'Archivio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito e del Ministero degli Esteri - le vicende che hanno portato questi militari italiani in varie parti del mondo, anche per dare un contributo valido all'organizzazione o alla riorganizzazione di Polizie locali, con caratteristiche particolari e una sicura capacità operativa.
Nel corso di un secolo (1897-1997) l'Arma ha acquistato una dimensione internazionale rilevante, dovuta alla sua tradizionale professionalità, conseguita con un severo addestramento, una ricerca di nuove possibilità, una sempre più accurata specializzazione; elementi voluti fin da quando, nel 1814, fu costituita, e che hanno progressivamente permesso l'affermarsi di questa Istituzione, che presenta, tra le altre sue competenze professionali, una caratteristica fondamentale: svolge i compiti che le vengono affidati dalle autorità politiche come componente delle Forze Armate, ed è allo stesso tempo un organismo militare con funzioni civili di polizia, di pronto intervento, e di protezione nelle pubbliche calamità.
I Carabinieri all'estero hanno operato e ancora oggi operano con una duplice funzione: sono inquadrati nei contingenti italiani nelle peace keeping missions con compiti di forza armata e di polizia militare; sono impiegati autonomamente nei programmi di assistenza per la ricostruzione delle istituzioni civili di alcuni Paesi "fuori area".

Tien-Tsin, 1906: il carabiniere Liberato Spada con due agenti della polizia cinese dopo l'arresto di un membro della setta dei Boxers, che si opponeva alla presenza in Cina degli stranieri.Quel che più colpisce, leggendo i documenti e le molte lettere o rapporti conservati negli Archivi, è la profonda umanità di questi uomini, che soffrono, faticano, hanno nostalgie, ma riescono sempre a fare il proprio dovere e molto spesso anche oltre. Sono proprio gli aspetti umani che li fanno ancora più apprezzare nel loro lavoro quotidiano. Spesso, in Italia come all'estero, in situazioni di rischio, in condizioni particolari di vita, lontani dalle abitudini, dalle persone e dalle cose care, possono avere momenti di difficoltà psicologica e fisica: sono esseri umani. Ma quel che conta sono in toto i risultati ottenuti, l'affidabilità dimostrata, la stima unanime conseguita. Forse è proprio sotto rischio o in condizioni difficili che danno il meglio e dimostrano il loro maturo addestramento.
Tutto questo, al di là dei meriti più o meno eclatanti dei singoli, ha fatto e fa dell'Istituzione un modello di riferimento sia organico e strutturale, sia tecnico-operativo, sia etico-professionale.
Quanto è scritto nelle pagine che seguono è quanto si riscontra puntualmente nei documenti consultati: non sono stati omessi anche episodi importanti meno positivi, secondo un metodo rigorosamente scientifico: la storia si fa con i documenti e con una correttezza interpretativa. Ben si sa che a volte le circostanze impongono ai protagonisti di alcune cerimonie elogi obbligati e retorici, ma quando poi si vanno a considerare numeri e fatti, si può comprendere quanto vi sia di retorico e quanto di vero in un discorso ufficiale. Gli encomi solenni non vengono mai dispensati a piene mani.

Militari dell'Arma in servizio al consolato italiano in Palestina. In primo piano: il Regio console tra il capitano Giuseppe Micheletta Tità e il tenente Alberto Faedda.Una importante notazione riguarda la scelta delle missioni storiche da presentare: come missioni all'estero si sono volute intendere quelle svolte dai Carabinieri al di fuori del territorio metropolitano, e non sono state considerate quelle durante le quali intervenivano al seguito di Corpi di Spedizione o di Occupazione, come forze integrate in quei contingenti. Vi sono delle eccezioni, perché non sempre è stato facile stabilire l'esatta catalogazione della presenza fuori del territorio metropolitano. Si è studiata, nel primo volume, la missione in Albania dal 1913 al 1924, perché la riorganizzazione della Gendarmeria albanese da parte dell'Arma era iniziata prima del conflitto mondiale ed è continuata anche dopo il ritiro delle truppe d'occupazione dall'Albania. Così, per l'Egeo, si è considerata solo la prima fase del lavoro svolto dall'Arma, quella durante la quale si pensava che il Dodecaneso sarebbe tornato alla Turchia e quindi, pur occupando le isole, lo si riteneva territorio "estero".
Quando poi è divenuto Possedimento italiano, non è stato più analizzato nel presente volume. Non è stata considerata la pur importante opera dell'Arma in Tripolitania e Cirenaica, perché l'Arma ha fatto parte del Corpo d'Occupazione in un territorio che è quasi subito divenuto "territorio italiano", sia pure con particolari caratteristiche: molti degli ufficiali che operarono a Creta e in Macedonia utilizzarono la loro esperienza per l'organizzazione della Polizia indigena.
Per quanto riguarda l'intervento in Crimea e quello in Assab, ha prevalso l'interesse storico per le prime sortite dell'Arma fuori dal territorio italiano, in campo internazionale, ove per la prima volta è stata dimostrata la caratteristica di polizia militare e di polizia ci-vile sopra ricordata, anche se le due missioni non rientrano concet-tualmente nelle scelte scientifiche decise.

Maria Gabriella Pasqualini

Roma, 1° novembre 2000