1918 - 1920. Una missione particolare: Cosma Manera e gli "Irredenti".

 

Cosma Manera, organizzatore del ''Corpo degli Irredenti'', qui con i gradi di colonnello, che ottenne nel 1927.Piemontese, Cosma Manera nacque ad Asti il 15 giugno del 1876 da Ferdinando e da Delfina Ruggero. Dopo aver frequentato il Collegio Militare di Milano e terminato gli studi nell'Accademia di Modena, nel 1899 partì per l'isola di Creta, di rinforzo al 2° Battaglione del 93° Fanteria, con il grado di tenente. Nel 1901 passò con lo stesso grado nell'Arma dei Carabinieri Reali, destinato alla Legione di Palermo e poi a quella di Verona. Alla fine del 1904 era stato messo a disposizione del Ministero degli Affari Esteri, per essere inviato in Macedonia, come membro della Missione italiana per la riorganizzazione della locale Gendarmeria. Anche per Manera iniziava così una carriera molto particolare, che l'avrebbe portato a compiere straordinarie missioni.
Dalla Macedonia Manera rientrò nei ruoli di provenienza il 5 agosto del 1908, destinato alla Legione Allievi. Nominato capitano nel 1911, nel febbraio del 1913 partì in missione per l'Albania, ove restò fino al luglio dello stesso anno.
Nel primo periodo della guerra 1915-18, fu assegnato ad operazioni in Cadore; nel 1916 fu inviato prima a Bengasi per una rapida missione, poi in Russia, quale membro della Missione militare italiana per la ricerca e il rimpatrio dei prigionieri di guerra, agli ordini del colonnello dello Stato Maggiore dell'Esercito Achille Bassignano; dopo il rimpatrio di quest'ultimo, nell'aprile del 1918, ebbe il comando di quella che ufficialmente era la Missione Militare Italiana in Siberia.
Il periodo più critico della Missione fu tra il luglio 1917 e l'aprile 1918. Nel luglio 1917, in attesa di essere rimpatriati, 57 ex-ufficiali e 2.600 uomini erano stati concentrati a Kirsanoff. Si trattava di prigionieri italiani "irredenti" (nati cioè in territorio italiano non ancora "redento", e quindi militari sotto bandiera austro-ungarica) che, inviati sul fronte russo, erano stati fatti prigionieri o si erano sbandati nelle lande desolate della Russia, della Siberia e del Turkestan. La Missione Militare Italiana aveva appunto lo scopo di recuperarli come italiani "irredenti" e di organizzarne il trasferimento. Manera trovò quegli uomini e, durante la permanenza a Kirsanoff, li riorganizzò militarmente in tre Battaglioni su quattro Compagnie ciascuno, provvedendo alla loro istruzione militare.
Con lo scoppio e l'infuriare della rivoluzione russa, però, la sicurezza del contingente era seriamente minacciata. La situazione dei trasporti era critica, il clima generale teso e ostile: urgeva lasciare il territorio russo, divenuto sempre più pericoloso per gli italiani a causa dell'attivissima propaganda tedescofila e bolscevica contro i soldati stranieri, di qualsiasi parte fossero. Gli uomini lasciarono Kirsanoff alla spicciolata, in piccoli gruppi, con treni che partivano per la Siberia: Manera partì con l'ultimo gruppo.

Kirsanoff, 1917: cerimonia alla presenza del maggiore Cosma Manera e di alcuni ufficiali della Missione Militare Italiana in Siberia.Giunti a Vladivostok, l'ufficiale pensò di poter evacuare il contingente via mare. Non fu possibile, e quindi non rimase che tentare la via della Cina, per arrivare nella Concessione italiana di Tien Tsin. Gli uomini vennero allora provvisoriamente fermati in alcune località della Manciuria, per essere poi concentrati in parte nella Concessione e in parte a Pechino. Nel febbraio del 1918 Manera era riuscito a ritirarsi in Cina insieme con gli "irredenti"; durante il suo soggiorno in Manciuria aveva avuto la possibilità di venire in contatto con elementi di spicco del movimento russo di controrivoluzione: con il suo spirito di osservazione e di analisi, ebbe molto chiara la situazione politica in Estremo Oriente, e così gli venne l'idea di utilizzare quel contingente di uomini che aveva fortunosamente sottratto allo sfacelo russo e alla dominazione germanica, decidendo di organizzare un "Corpo di Irredenti", efficienti, disciplinati e in grado di dare un fattivo apporto ad eventuali azioni belliche, prevedibili nella regione, pronti a servire la causa dell'Italia e dei suoi alleati.
Il Comandante della Missione Militare Italiana in Siberia, nel marzo del 1918, poteva telegrafare al Ministero della Guerra e al Ministero degli Affari Esteri che, in caso di intervento alleato in Russia e in Siberia, l'Italia avrebbe potuto essere rappresentata dal Corpo che il maggiore Manera aveva organizzato.

Vladivostok, Siberia, 1918: un nucleo del ''Corpo degli Irredenti'' riorganizzato dal maggiore Cosma Manera.Sempre nel mese di marzo Manera fu nominato Addetto Militare dell'Ambasciata d'Italia a Tokyo, ma con residenza a Pechino: la funzione gli conferiva ampia possibilità di manovra, legittimando la sua presenza in loco e la sua attività di comando di quel Battaglione, ormai conosciuto con il suo stesso nome. A questo scopo fu ripreso su vasta scala l'addestramento militare del "Corpo di Irredenti" ormai "redenti" e, con l'aiuto di pochi fucili presi in prestito dall'Amministrazione della Concessione italiana, un centinaio dei più volenterosi furono addestrati per compiti particolarmente rischiosi. A Tien Tsin il Distaccamento dei "redenti" aveva circa 1.500 uomini su cinque Compagnie, delle quali una sola poté essere armata, con prestiti dalle truppe francesi. Una parte dei "redenti" risiedeva invece a Pechino, agli ordini del capitano di corvetta Varalda, che coadiuvava Manera nel comando. L'organizzazione del Distaccamento fu ben avviata, tanto che, nella parata del luglio 1918, i "redenti" sfilarono a Tien Tsin tra la simpatia della popolazione straniera.
In seguito alla Pace di Brest-Litowsk del luglio 1918 tra gli Imperi centrali e il Governo rivoluzionario russo, il Consiglio Supremo di Guerra alleato aveva deciso un intervento in Russia per impedire che i tedeschi si appropriassero delle armi e munizioni che, in quantità ingente, erano state abbandonate allo scoppio della rivoluzione bolscevica, sbarcando nella penisola di Kola. Anche l'Italia partecipò con un contingente alla missione interalleata. Le truppe alleate raggiunsero anche la Siberia, sia per evitare che la Germania utilizzasse i prigionieri di guerra austriaci e tedeschi dei campi siberiani, sia per aiutare la Legione Cecoslovacca, in ritirata verso Vladivostok, ad imbarcarsi e raggiungere il fronte occidentale. Nel giugno 1918 Manera aveva iniziato l'arruolamento volontario di altri 10 uomini e 843 militari di truppa. Il 6 settembre poté consegnare il Battaglione Volontario degli Irredenti al colonnello Gustavo Fassini-Camossi, Comandante del Corpo di Spedizione in Estremo Oriente, che era partito da Napoli due mesi prima.
Dopo un breve soggiorno a Tokyo come Addetto Militare, Manera fece varie volte la spola tra il Giappone e Vladivostok: poiché si era avuta notizia che vi erano molti altri militari italiani sperduti o prigionieri in Siberia, fu incaricato di riorganizzare la Missione militare di aiuto. L'opera di ricerca degli italiani non fu facile, né lo fu ottenerne la liberazione. Manera li trovò e riuscì ad organizzare militarmente anche questi uomini, che avevano patito la prigionia ed erano piuttosto stanchi della condizione militare. Furono raccolti 1.700 uomini, divisi in 8 Compagnie e un Reparto di "prigionieri di guerra", che non avevano ancora deciso se impegnarsi o meno nel contingente, cioè non avevano ancora deciso se giurare fedeltà all'Italia: formarono quella che venne chiamata ufficialmente "Legione dei Redenti". Nelle caserme della Baia di Gornostai, i "redenti" riuscirono a ritrovare la loro identità, scossa da tante disavventure, e il loro amor di patria. Con un deciso addestramento, riuscirono a divenire una unità ben istruita e forte, che si distinse nel prosieguo delle attività militari in Siberia.
Manera lasciò Vladivostok nel febbraio del 1920 e sbarcò a Trieste nell'aprile dello stesso anno, dopo aver visitato il Mar Rosso e l'Egitto. Ormai era divenuto molto famoso come "Padre degli Irredenti" e la sua carriera aveva preso una piega totalmente differente da quella di un ufficiale dell'Arma rimasto sempre sul territorio metropolitano: con il grado di tenente colonnello, che aveva conseguito nel frattempo per meriti speciali, fu infatti messo a disposizione della Presidenza del Consiglio pochi mesi dopo il suo rientro e inviato a Batum, sul Mar Nero, quale capo della locale Missione italiana. Rientrò in Italia nell'agosto del 1921, reinserito nei quadri e assegnato al Battaglione mobile dei Carabinieri Reali di Roma. Tra il 1921 e il 1925, quando passò nel quadro ordinario d'avanzamento a scelta, prestò servizio nelle Legioni di Salerno, Roma e Ancona. Nominato colonnello il 1° aprile del 1927, fu destinato a comandare la Legione di Roma, e in seguito quelle di Milano, Livorno e Bologna.

Reparti della ''Legione dei Redenti'' fotografati nell'ottobre 1918 ''con musica e bandiera'' davanti alla loro caserma nella Baia di Gornostai, presso Vladivostok, in Siberia.Tornato ad una vita più normale e meno pericolosa, decise di costruire una famiglia, e il 30 aprile del 1923 si sposò con Amelia Maria Pozzolo, dalla quale ebbe due figlie. Alla fine del 1932 fu collocato in ausiliaria a domanda. L'anno successivo ebbe la promozione a generale di Brigata e nel 1940 fu trasferito nella riserva. Nello stesso anno conseguì la promozione a generale di Divisione. Anche Cosma Manera ebbe una lunga vita: morì a Torino nel 1958.
Il suo curriculum vanta numerosissime ricompense al valore, attestati, decorazioni, encomi. Onorificenze gli furono attribuite anche da molti Stati esteri, quali la Polonia, la Russia, la Bulgaria. Ne ricevette anche, nel 1908, una sultaniale di grande importanza, quella di Commendatore dell'ottomano Ordine del Madjdieh. Ebbe la Croce di Guerra inglese nel 1920. Era un poliglotta: conosceva, oltre al francese e al tedesco, anche il russo. Aveva nozioni di lingua bulgara, greca e turca. Un uomo molto particolare, al quale la sorte ha concesso di dimostrare il proprio valore.

Un Reparto militare italiano, parte delle Forze alleate in Estremo Oriente e costituito principalmente dalla 159a Sezione Carabinieri, sfila durante una cerimonia pubblica a Vladivostok, in Siberia.Scriveva di Cosma Manera il Capo della Missione Militare Italiana in Siberia, tenente colonnello Vittorio Filippi di Baldissero, in un rapporto «riservatissimo» del 1° settembre 1919, perorandone l'avanzamento per meriti speciali, nonché la prestigiosa nomina ad ufficiale dei SS. Maurizio e Lazzaro:

«Dando uno sguardo a tutta l'opera spiegata in Russia dal Maggiore Manera non si può non rimanere ammirati di fronte a tanta feconda attività. Sono tre anni interamente dedicati alla causa dei redenti che di lui sono stati e sono la occupazione e la preoccupazione costante, che di lui hanno assorbita ogni attività fisica e intellettuale, attraverso difficoltà d'ogni genere dalle quali solo una tempra salda quale è quella del maggiore Manera poteva trionfare (...) si tratta di ufficiale che conta 25 anni di spalline, la maggior parte dei quali impiegata in importanti missioni all'estero i cui ottimi risultati dicono delle di lui elevate qualità personali (...) ottimo conoscitore di uomini e di cose, dotato di spirito di penetrazione, sa in ogni questione scegliere la via giusta e va senza tergiversare diritto allo scopo».

Cosma Manera fra gli ufficiali dei Carabinieri che tra il 1918 ed  il 1920, in Estermo Oriente, lo aiutarono a costituire la ''Legione dei Redenti''. Pagina a fianco: uno dei tanti segni di riconoscenza tributati all'ufficiale in seguito alla sua particolare missione.Per i tempi attuali, lo stile del rapporto può sembrare molto retorico, ma ripensando alle difficoltà dell'epoca, e alla crudezza del primo conflitto mondiale in terre come la Siberia, non si può fare a meno di comprendere quale forza interiore dovesse avere Cosma Manera per restare tre anni tra la Siberia, la Manciuria e il Giappone, e trovare, addestrare, ridare fiducia a uomini che forse avrebbero volentieri disertato.
Era un operativo, ma anche un buon diplomatico: comunque una persona di forte spessore umano e professionale, qualità alle quali si aggiungeva, secondo gli scritti d'epoca, una serena modestia.