Page 2 - Forestale N. 73 marzo-aprile 2013
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Il Forestale n. 73 60 pagine  8-05-2013  14:22  Pagina 3


















                                                                   EDITORIALE



                 Una nuova Polizia in difesa dei beni comuni


                      on illudiamoci. Recuperare in poco tempo il gap di sviluppo tecnologico ed industriale non
                      sarà facile stante il perdurare della crisi. E così i cervelli migliori, che pure non ci mancano,
                 N emigrano verso nuove latitudini dove la crescita registra valori esponenziali. Cosa rimane
                 all’Italia? Ancora molto. Si dice che il made in Italy rappresenti un marchio forte, quasi insuperabi-
                 le. Ma anche per questo molto imitato. E poi c’è il territorio, l’ambiente, la cultura, l’arte, il turismo.
                 Tutte cose che conosciamo bene, ma che allo stato attuale non sono sufficienti a superare il
                 momento difficile. Forse perché pochi sono quelli che credono alle potenzialità di queste risorse.
                 Ma di cosa si tratta?
                 Da diverso tempo la dottrina cerca di definire una particolare categoria di beni che qualcuno chia-
                 ma “comuni” che non sono né pubblici né privati ma appartengono a tutti. Erano ben conosciuti
                 al diritto romano ma il nostro ordinamento se ne è quasi dimenticato. Ora che la questione dello
                 sviluppo sostenibile e della qualità della vita sono diventati centrali, termini come paesaggio,
                 ambiente, acqua, aria, cercano una nuova e moderna qualificazione giuridica e una conseguente
                 tutela. I beni comuni, res communes omnium, sono a titolarità diffusa, appartengono a tutti, all’uma-
                 nità, al populus e, al tempo stesso, a nessuno, nel senso che tutti devono poter accedere ad essi e
                 nessuno può vantare pretese esclusive. Devono essere amministrati muovendo dal principio di soli-
                 darietà. Incorporano la dimensione del futuro, e quindi devono essere governati anche
                 nell’interesse delle generazioni che verranno. Al di là del titolo di proprietà, si caratterizzano per
                 una destinazione a fini di utilità generale; sono beni orientati al raggiungimento della coesione eco-
                 nomico-sociale e territoriale e al soddisfacimento di diritti fondamentali, come può essere la tutela
                 ambientale, la sicurezza agroalimentare, la difesa della biodiversità, ecc. Si può dire che per essi  non
                 è possibile imporre un prezzo.
                 Siamo dunque semplicemente dei custodi dei beni comuni e non proprietari. Forse è proprio a que-
                 sti beni che si è riferito nella sua prima omelia Papa Francesco quando, affermando che siamo
                 “custodi” della creazione, ha esortato tutti alla tutela dell’ambiente come sfida per l’umanità intera:
                 si tratta del dovere comune, locale e universale, di rispettare un bene collettivo, destinato a tutti. I
                 beni comuni si basano su elementi antichi come il sole, il cielo, il globo terrestre, il paesaggio, le
                 acque, le foreste, ma anche categorie più moderne come le informazioni e le comunicazioni, le cono-
                 scenze e il sapere. In attesa delle evoluzioni del diritto positivo, già esiste una normativa nazionale e
                 internazionale che, pur senza riconoscerli, tutela indirettamente ma concretamente questi beni.
                 Nella storia dei Forestali, nel DNA costitutivo di ciascuno di loro è impressa la propria mission che
                 va oltre la temporaneità. Così recita la preghiera del Forestale: “La vita ci ha posti al servizio del Paese,
                 per la conservazione, la cura e la difesa delle cose più belle del Creato: gli alberi, gli animali, le acque, le montagne
                 che Tu ci hai donato, al beneficio dell'uomo”. Chiari emergono il concetto di custodia, la consapevolezza,
                 il privilegio e la responsabilità che proprio al Corpo forestale è stata affidata la custodia e la sorve-
                 glianza di quel patrimonio inestimabile costituito dai beni comuni. Pro natura opus et vigilantia è il
                 nostro motto.
                                                                           Cesare Patrone
                                                                    Capo del Corpo forestale dello Stato
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