I mezzi - Dal cavallo alla "gazzella"
Dalla Ballilla alla fine del secondo conflitto mondiale.
Fino al 1931 la motocarrozzetta aveva assolto lodevolmente alla sua funzione, consentendo una pluralità di impieghi operativi. Una fotografia eseguita agli inizi degli anni '30 ci mostra addirittura un esemplare il cui carrozzino era stato sostituito da una pedana con sopra montata una mitragliatrice leggera. Nel '32 essa venne soppiantata dall'automobile. Sulla scena dell'industria automobilistica nazionale era apparsa la "Balilla", la leggendaria vetturetta destinata a motorizzare l'Italia.Le Forze Armate se ne dotarono immediatamente: era poco ingombrante, di concezione meccanica molto semplice, dal consumo limitato e, soprattutto, dal prezzo non proibitivo. Alla sua presentazione, avvenuta al Salone dell'Automobile di Milano dell'aprile 1932, il prezzo veniva indicato in 10.800 lire, non certamente economico, ma sicuramente interessante.

Queste le caratteristiche tecniche principali: motore a quattro cilindri in linea, cilindrata 995 cmc, rapporto di compressione 5,8:1, potenza massima 20 CV a 3.400 giri/min., cambio a 3 marce più retromarcia, freni idraulici sulle quattro ruote, lunghezza 3,440 m, larghezza 1,400 m, peso a vuoto 685 Kg. La distribuzione era a valvole laterali, come la maggior parte delle autovetture in produzione all'epoca. Di rilevante, rispetto ai modelli "popolari" che l'avevano preceduta, la "Balilla", la cui sigla d'identità era in verità "508", aveva i freni idraulici e non più meccanici, misure contenute e un consumo di appena 8 litri per 100 km percorsi alla velocità massima di 85 km/h. Della "Balilla", che venne prodotta inizialmente nelle versioni Berlina due porte, Torpedo e Spider, esisteva anche un tipo con motore spinto dal rapporto di compressione 6,6 : 1, che erogava circa 28 CV e consentiva una velocità di 95 km/h. Dal 1933 la compressione sulla produzione di serie venne portata a 6,3 : 1.

Il successo della nuova autovettura fu strepitoso: nel 1934, alla fine del suo secondo anno di vita, ne erano stati venduti 41.395 esemplari, una cifra record per quei tempi. La maneggevolezza d'impiego non poteva sfuggire ai vertici dell'Arma, che ne decretarono l'adozione nella versione Spider assegnandola soprattutto ai Comandi di Compagnia e di Tenenza, in sostituzione delle motocarrozzette. Anche la versione Torpedo, capace di quattro posti, incontrò il favore dell'Arma, ma in misura ridotta. Si era alla vigilia della Campagna dell'Africa Orientale, ove i Carabinieri, nelle colonie della Somalia e dell'Eritrea, disponevano già di una estesa rete operativa, quanto mai bisognosa di mezzi di locomozione non pesanti ed adatti al particolare terreno.

FIAT Modello 4L'apparizione della versione denominata "508 M" della Balilla risolse tale problema. La sigla "M" stava per "Militare", una vettura, dunque, creata apposta per le nuove esigenze di servizio, destinata a rivoluzionare profondamente gli stessi schemi operativi dell'Istituto. Le variazioni più importanti rispetto alla versione "civile" consistevano nelle ruote di maggior diametro e nel rapporto al ponte più "corto", che consentiva una trazione maggiore soprattutto su strade in salita, essendo la "M" in grado di superare la pendenza massima del 24%; a scapito però della velocità, che scese ad appena 72 km. orari. Anche il peso risultò di circa 50 kg superiore. Delle 508 Spider militari vennero prodotte due serie, la prima con una sola ruota di scorta alloggiata sul parafango sinistro anteriore, la seconda con due ruote di scorta, entrambe sui parafanghi anteriori. Anche il radiatore della seconda serie assunse una nuova forma, tondeggiante, derivata dalla "Balilla 4 marce 4 porte" nel frattempo entrata in produzione. Della serie "M" vennero prodotte anche le versioni "Torpedo", cioè a quattro porte con tetto in tela ripieghevole, e camioncino, con cassone in legno di discreta capacità.

La "508 spider" fu la prima "autovettura di servizio per ufficiali dei Carabinieri". A decretarne l'attribuzione fu il R.D. n. 865 del 16 aprile 1934, con il quale si stabilì che ai tenenti colonnelli e maggiori dell'Arma non provvisti di automezzi di servizio ed ai comandanti titolari delle Compagnie e delle Tenenze territoriali venisse concessa, in sostituzione del cavallo, un'autovettura biposto del tipo stabilito dall'Amministrazione Militare ed a carico di quest'ultima . La precisazione "a carico" dell'Amministrazione ha una sua ed avere di massima una durata d'uso di almeno 5 anni. Per i percorsi compiuti anche nell'ambito della residenza ordinaria era dovuta all'ufficiale un'indennità di lire 0,49 lorde per ogni chilometro a titolo di rimborso spese di manutenzione, materiale di ricambio, carburanti e lubrificanti.

FIAT Autocarro 18 BL.La legge n. 15490 del 14 ottobre 1940 modificherà tale norma, disponendo che le autovetture di servizio dovessero intendersi concesse non già alla persona, ma alla carica ricoperta dall'ufficiale e che questo potesse essere autorizzato ad usare, su domanda, autovettura di proprietà personale in luogo di quella fornita dall'Amministrazione Militare. La stessa legge consentì, infine, che l'autovettura dell'Amministrazione potesse essere ceduta, a pagamento, agli ufficiali assegnatari.

A sottolineare il completo coinvolgimento dell'Arma nell'adozione sempre crescente del mezzo automobilistico fu la nascita, nell'aprile 1936, delle "Bande autocarrate", destinate allo scacchiere operativo dell'Africa Orientale. Esse ebbero modo di segnalarsi nell'aspro combattimento di Gudu Gadu, località presidiata da 30.000 etiopici, che i Carabinieri attaccarono con i loro autocarri allo scoperto. Gli speciali reparti si contraddistinsero per la loro eccezionale mobilità, affidata ad autocarri di particolare robustezza e affidabilità. Si trattava, in particolare, dei "FIAT 634 N" di 8.355 cmc e della potenza di 80 CV al bassissimo regime di 1.700 giri/min. Le "Bande autocarrate" svolsero durante la seconda fase della campagna d'Africa un ruolo fondamentale: la loro capacità di agire su di un terreno aspro ed accidentato e di superare corsi d'acqua e speroni rocciosi aveva il suo segreto proprio nella concezione strategica del loro impiego, basato essenzialmente sul mezzo meccanico.

Nel 1937 la gloriosa "Balilla" venne sostituita dal modello "508 C", sottodenominata Balilla 1100. In verità tutti la chiamarono subito "FIAT 1100", nome che assunse ufficialmente nel 1939. In verità della collaudata Balilla il nuovo modello non aveva ormai quasi più nulla. La maggiore cilindrata era stata ottenuta lasciando invariata la corsa dei pistoni (75 mm) e maggiorandone l'alesaggio, portato da 65 a 68 mm., con una potenza di 32 CV a 4.000 giri/min. Le novità più rilevanti riguardavano la distribuzione, che ora era a valvole in testa, e l'alimentazione, non più a caduta, ma a pompa. Anche il cambio era diverso, con la III e la IV sincronizzate, mentre l'avantreno s'avvaleva di ruote indipendenti. Ma soprattutto fu la linea che s'impose subito per la sua "modernità" ispirata a criteri aerodinamici, col muso sfuggente a scudo e i parafanghi avvolgenti. La velocità, poi, con i suoi 110 km. orari di punta massima, decretò l'immediato successo di questa nuova FIAT. Successo anche presso l'Arma dei Carabinieri, che l'assegnò a tutti i suoi reparti. Della 1100 venne successivamente adottata anche la versione allungata "L" e quindi la "E", apparsa nel 1949. Entrambe si presentavano completamente ridisegnate nella parte frontale, con l'adozione di una mascherina non più a scudo, ma a "musone".

FIAT 508 C Coloniale.La vigilia del Secondo Conflitto Mondiale aveva messo in stato d'allerta le case automobilistiche italiane, la cui produzione era ormai da tempo orientata in senso bellico. L'apparizione nel 1937 della "508 C Coloniale" affiancata alla "1.100" di serie, ne è la conferma. Due anni più tardi apparve la "508 C Militare" destinata a diventare la tipica Torpedo leggera di tutto l'Esercito Italiano. La prima differiva dal modello civile per il tetto in tela e per il colore kaki, mentre per il resto ricalcava la linea dell'edizione da cui derivava. La "Militare", invece, era caratterizzata da un'impronta stilistica decisamente spartana, squadrata ed essenziale. Le caratteristiche tecniche erano pressoché le stesse del modello originario, con le uniche differenze del serbatoio carburante (40 litri invece di 33), la coppia conica elicoidale (7/43 invece di 9/42), pneumatici (18 pollici invece di 15), carreggiate anteriore e posteriore maggiorate di circa 10 cm; la "Coloniale" ne differiva per il rapporto al ponte più lungo (7/39), per i pneumatici di diametro inferiore e sezione maggiore (6.00 x 16) e anche per la lunghezza, superiore di circa 40 cm. Di entrambi i modelli l'Arma dei Carabinieri venne adeguatamente dotata a tutti i livelli di comando e con essi partecipò alle operazioni belliche della Seconda Guerra Mondiale (1940-1945).

Nel settore motociclistico, durante lo stesso conflitto, l'Arma aveva in dotazione i seguenti modelli: Bianchi 250, Bianchi 500, Gilera 250, Gilera 500, Benelli 250, Benelli 500, Guzzi 500, Guzzi Leggera e Sertum.

Nel campo delle grosse cilindrate o delle vetture di rappresentanza, l'Arma non ne ha mai disposto nell'anteguerra. Infatti nel suo parco motoristico non figuravano né le Lancia, auto notoriamente di classe raffinata, tanto meno le Alfa Romeo, tradizionalmente caratterizzate dalle prestazioni sportive. Una sola autovettura "impegnativa" i militari dell'Arma hanno guidato in quel periodo, la "FIAT 2800", che i Carabinieri Guardie del Re conducevano negli spostamenti del sovrano. Si trattava di una grossa autovettura con motore a 6 cilindri in linea di 2.852 cmc, che sviluppava ben 85 CV a 4.000 giri/min. e che consentiva una velocità massima di 130 km/h. Di essa, i pochi esemplari in dotazione al Quirinale erano della versione "CMC Torpedo".